La sharing economy, fusa con la circular economy, potrebbe essere la leva potente per il rilancio della crescita globale, assediata dallo spauracchio della ‘stagnazione secolare’. Lo pensano diversi economisti di fama internazionale. Il problema è, tuttavia, la disintermediazione che, associata all’automazione dei processi produttivi, spazzerà via milioni di posti di lavoro entro il prossimo decennio. Di qui ipotizzabili scenari di conflitto diffuso e permanente fra le categorie del vecchio ordine economico, sempre più obsolete e minacciate nella carne viva dei loro interessi e guadagni, e i fautori della condivisione dei mezzi di produzione e di servizio realizzata grazie alla digitalizzazione di ogni attività socialmente utile. Tendenza ormai virale. Innovazione e status quo, cambiamento e resistenza al nuovo, Corporazioni e operatori autonomi, dunque, si confronteranno sempre più aspramente e, Dio non voglia, violentemente. Un caso esemplare lo abbiamo già sotto gli occhi: lo scontro fra Uber e i tassisti. Il recente sciopero di quest’ultimi ne è soltanto un pallido epifenomeno.
Concorrenza sleale, divario dei costi di gestione, abusivismo, caporalato digitale emergente, assenza di licenze e calo degli affari. Questi effetti negativi lamentano centinaia di tassisti italiani che hanno incrociato le braccia e inscenato un sit-in davanti al Ministero dei trasporti a Roma. A placare la protesta non sono serviti finora i negoziati in corso fra sindacati e Governo. La mobilitazione continua e avrà altri ritorni di fiamma. Il nemico numero uno è e rimane la liberalizzazione del servizio che aprirà il settore alle new entry. Il ragionamento degli scioperanti è semplice e non privo di fondamento, almeno nell’immedito: un maggior numero di taxi in circolazione, infatti, causerebbe più concorrenza tariffaria e dunque meno corse per i singoli tassisti, con un conseguente calo degli introiti. Ecco il senso delle proteste contro gli Ncc e Uber. Nel mirino è soprattutto l’azienda Usa, bersaglio prescelto, accusata di concorrenza sleale perché offre, di fatto, lo stesso servizio di trasporto, ma a prezzi più competitivi e senza disporre della licenza. Licenza che delimita l’ambito urbano entro cui i tassisti possono muoversi, mentre il settore dei loro competitor non è regolamentato, non essendo entrato ancora in vigore il pacchetto di norme deciso nel 2008 proprio per contrastare il servizio abusivo di taxi e noleggio con conducente. Le cui disposizioni dovrebbero prevedere il divieto di sosta nei posteggi di stazionamento sul suolo pubblico per le auto Ncc nei Comuni nei quali venga esercitato il servizio di taxi. Le auto che forniscono il servizio di noleggio con conducente, infatti, dovrebbero sostare soltanto all’interno della rimessa situata nel Comune che abbia rilasciato l’autorizzazione. Dovrebbero partire da lì e tornarvi dopo ogni viaggio, che può avvenire anche in altri Comuni senza limiti territoriali. Purtroppo, al momento, il riordino del settore dei trasporti privati resta un miraggio, in attesa dell’attuazione delle norme previste. Così i tassisti rimangono sul piede di guerra, con la spada di Damocle della disintermediazione e della liberalizzazione selvaggia che pende sulla loro testa. La contraddizione è aperta e non appare a breve componibile, anzi rischia di estendersi ad altre categorie sociali e produttive.