1.- La mancanza di una visione che guidi il dibattito sulla riforma
Il dibattito tra politici, politologi, giuristi, economisti, esperti ed operatori vari che ormai da alcuni mesi si svolge quasi quotidianamente in ordine alla riforma costituzionale – deliberata con ultima votazione a maggioranza assoluta, dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016 ed ora sottoposta a referendum confermativo – fa emergere in maniera non certo sorprendente la mancanza di qualsiasi riferimento ad un inquadramento delle modifiche nelle quali consiste in una visione capace di dare il senso complessivo del cambiamento e, al contempo, di fornire la chiave di lettura delle soluzioni adottate nei vari settori ordinamentali modificati. In poche parole, manca o è molto trascurata la ricerca e la definizione di quale sia il fil rouge che guida la riforma.
Si elencano più o meno puntualmente i vari aspetti della riforma: dal superamento del bicameralismo paritario indifferenziato con l’introduzione del rapporto fiduciario esclusivo fra Camera dei Deputati e Governo alla diversificazione dei procedimenti legislativi, a seconda che Camera e Senato approvino i testi su base paritaria o sia la Camera politica a prevalere sul Senato lasciando a quest’ultimo la sola possibilità di richiamare le leggi sulle quali è comunque la prima a dire l’ultima parola; dalla riforma dell’assetto regionale della Repubblica che attraverso un nuovo riparto delle competenze legislative toglie alle Regioni ogni autentico spazio d’autonomia alla soppressione delle Province ed alla configurazione delle Città metropolitane come enti di secondo grado; dal rilancio degli istituti di democrazia diretta con l’introduzione di nuovi tipi di referendum al contenimento di alcuni costi della politica con la cancellazione di 220 parlamentari, il tetto all’indennità dei consiglieri regionali, il divieto per i Consigli regionali di finanziare i gruppi consiliari.
Si evoca qualche motivazione di carattere generale come le emergenze istituzionali che da tempo investono il nostro Paese o la necessità di moralizzare la politica e rilanciare il dialogo con i cittadini sempre più lontani dalle istituzioni…
Tratto da ‘Il Giornale dei Comuni Magazine’, n°6 – 2016
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