L’obiettivo della legge, azzerare entro il 2050 il consumo di suolo, sembra un compito non agevole se si pensa che oggi in Italia vengono cementificati circa 7 metri quadri di suolo ogni minuto, una superfice che nell’arco di una giornata corrisponde a circa 80 campi da calcio e che ha fatto salire al 7% del territorio nazionale la quota di suolo «consumato». Si tratta di ben 21 mila chilometri quadrati, 345 mq per ogni abitante.
La legge sul «Contenimento del consumo del suolo ed il riuso del suolo edificato», a due anni di distanza dalla sua presentazione è arrivata al primo giro di boa: entro oggi, probabilmente, l’aula di Montecitorio darà il primo via libera. Ieri sono state respinte le pregiudiziali di costituzionalità e circa un terzo dei 300 emendamenti proposti soprattutto dalle opposizioni, a cominciare da M5s e Sel.
L’obiettivo della legge, in sintesi, è quello di promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente; contenere il consumo di suolo. Il consumo di suolo sarà consentito esclusivamente nei casi in cui non esistono alternative consistenti nel riuso delle aree già urbanizzate e nella rigenerazione delle stesse.
PROCEDURA
L’articolo 3 disciplina le fasi procedurali per addivenire, in coerenza con gli obiettivi stabiliti dall’UE circa il traguardo del consumo di suolo pari a zero da raggiungere entro il 2050, alla definizione della riduzione progressiva vincolante, in termini quantitativi, di consumo del suolo a livello nazionale e del relativo riparto a livello regionale dei quantitativi medesimi. In particolare, si prevede:
INCENTI AI COMUNI PER IL RIUSO
Sarà previsto, in particolare, al fine di consentire il rispetto del divieto di consumo di suolo, una procedura a più fasi per l’individuazione, entro tempi certi, degli ambiti urbanistici da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio, prevedendo la possibilità di interventi sostitutivi per garantire il completamento della procedura medesima. Si prevede, inoltre, che le regioni adottino disposizioni per incentivare i comuni, singoli e associati, a promuovere strategie di rigenerazione urbana anche mediante l’individuazione negli strumenti di pianificazione degli ambiti urbanistici da sottoporre prioritariamente a interventi di ristrutturazione urbanistica e di rinnovo edilizio.
CAMBIO DI DESTINAZIONE
L’articolo 7 del disegno di legge prevede che le superfici agricole che hanno ricevuto finanzamenti europei legati alla politica agricola comune (PAC) ed alla politica di sviluppo rurale non possono, per un periodo di cinque anni dall’ultima erogazione: essere destinate ad uso diverso da quello agricolo; essere oggetto di interventi di trasformazione urbanistica, ad eccezione delle opere pubbliche.
Il comune, in caso di violazione, applica al trasgressore la sanzione amministrativa pecuniaria di importo non inferiore a 5.000 euro e non superiore a 50.000 euro, unitamente alla sanzione accessoria della demolizione delle opere eventualmente costruite e del ripristino dello stato dei luoghi.
REGISTRO DEGLI ENTI LOCALI
Si prevede l’istituzione di un registro degli enti locali in cui sono iscritti i comuni che hanno adeguato i propri strumenti urbanistici con riguardo alla riduzione di consumo di suolo stabilita dalle regioni di appartenenza, ovvero in cui non è previsto consumo di suolo o una riduzione del consumo di suolo maggiore di quella definita dalle regioni medesime.
L’art. 8 attribuisce priorità ai comuni, iscritti nel predetto registro, nella concessione di finanziamenti statali e regionali finalizzati: agli interventi di rigenerazione urbana e di bonifica dei siti contaminati a tal fine necessaria, nel rispetto della disciplina di settore; agli interventi volti a favorire l’insediamento di attività di agricoltura urbana e il ripristino delle colture nei terreni agricoli incolti, abbandonati, inutilizzati o in ogni caso non più sfruttati ai fini agricoli.
CENSITI GLI EDIFICI SFITTI
Le Regioni dovranno dettare anche le disposizioni per la redazione di un «censimento comunale degli edifici sfitti, non utilizzati o abbandonati al fine di creare una banca dati del patrimonio edilizio pubblico e privato inutilizzato, disponibile per il recupero o il riuso». Spetta invece ai comuni segnalare ogni anno al prefetto le proprietà in stato di abbandono.