“La crisi di fiducia non è solo la risposta ai recenti traumi, ma l’esito dell’erosione del ciclo storico-sociale precedente: una fase in cui gli strumenti della ragione proteggevano dalle incertezze e dai rischi esistenziali, e gli investimenti sociali, sia pubblici che privati, favorivano la crescita del benessere individuale e collettivo”. Questo l’annuncio del dibattito che ha visto fra gli invitati a discuterne: Giuseppe De Rita, Presidente CENSIS, Elsa Fornero, Docente di Economia all’Università di Torino, Innocenzo Cipolletta, Presidente FEBAF, Stefano Parisi, imprenditore, Giulio Tremonti, Presidente ASPEN Institute.
Molto spesso oggi le parole– digitalizzazione, riconversione ecologica non convincono le persone, manca un retroterra culturale: ripercorrendo gli anni di queste decisioni non compiute si può parlare dunque di disinvestimenti sociali. Che cosa ha caratterizzato l’inversione di rotta avviata degli anni del boom economico? La crescita del PIL e gli investimenti sociali. Oggi è rimasta la preoccupazione del PIL, ma abbiamo perso di vista gli investimenti sociali, nel mondo della formazione si è puntato alla scolarizzazione di massa, ma abbiamo finito per abbassare il livello qualitativo dell’istruzione. Anche in periodo pandemico la DAD ha mostrato le sue falle con 2 anni poco proficui e un aggravio economico riverberato sul Paese, gli investimenti nel sociale hanno perso rendimento perchè hanno perso valore nella società. Il sistema fiscale è diventato meno progressivo e la povertà si è radicata nelle generazioni più giovani. Occorre una scala etica di valori negli investimenti sociali e rimanere in Europa è la nostra salvezza: il nostro futuro è dentro l’Europa.
Il PNRR non dà una risposta sul versante degli investimenti sociali e del welfare, la demografia che si va sviluppando ci spiega il declino di questi ultimi anni dove l’Italia è diventato il Paese delle culle vuote, come rimarcato dall’ISTAT, un’Italia che ha esportato molto, ma ha dovuto tagliare i redditi, creando una carenza di domanda sociale interna. Dovendo ridurre il disavanzo pubblico si è cominciato a ridurre la spesa pubblica, ma non sono state rimodernate le infrastrutture, nè fatti investimenti efficaci ed efficienti; inoltre non sono state sostituite le persone che andavano in pensione e si sono degradati i servizi al pubblico.
Dobbiamo riprendere la strada della valorizzazione dei servizi pubblici: pagare meno tasse, ma al contempo investire su una sanità e una scuola di livello. Una scuola per tutti ma di qualità, l’abbandono scolastico è elevatissimo e dobbiamo tirare fuori l’eccellenza che ciascun alunno possiede, ci siamo appiattiti su un sistema formalizzato dove le riforme non hanno portato innovazioni e nella logica di un welfare, spostato sugli anziani, le pensioni o la politica dei ‘bonus’, non si sono liberate risorse per un coinvolgimento attivo delle giovani generazioni.
Il futuro riguarda la ricostruzione di valori comuni alle democrazie liberali da riportare al centro del dibattito politico, puntando sulla qualità dei servizi: la sfiducia nelle istituzioni riguarda la poca efficienza e la politica non deve temere l’innovazione e il futuro, le leve per risolvere molti problemi. Serve un ripensamento sul modello sociale da perseguire eliminando le disuguaglianze e valorizzando le potenzialità di ciascuno.
L’Italia fra i paesi europei è l’unico Paese duale: nord- sud creano aree diversificate rispetto a PIL, ricchezza, lavoro, scolarizzazione; il problema della crisi è legato alla pandemia e alla guerra, ma anche a problemi preesistenti, l’origine del debito pubblico si radica nel fenomeno dell’emigrazione interna: dal sud al nord, dai piccoli centri alle città, oltre alla deriva clientelare ed elettorale e per quanto riguarda la gestione del bilancio pubblico, ad esempio riforma delle pensioni, gestione della sanità, impostazione del sistema scolastico si dovrebbero trasmettere messaggi più rassicuranti di stabilità. Il mondo è cambiato a causa della globalizzazione e rischiamo di subire le conseguenze della non facile governabilità.