Comuni, Province, Regioni, Asl, Università, ministeri e organi costituzionali sono soggetti che ogni anno spendono miliardi di euro per acquistare beni e servizi indispensabili al funzionamento della macchina pubblica. In base all’ultimo rapporto Mef-Istat, solo il 17% della spesa viene effettuata tramite la Consip. Tale modalità permetterebbe di tagliare i costi, sfruttando le opportunità offerte dall’esistenza di una centrale unica di acquisto, gestita dal ministero dell’Economia.
La Consip ha infatti attivato strumenti di acquisto che hanno coperto forniture di beni e servizi per 40 miliardi, mettendo in vetrina 7,5 milioni di articoli. Le amministrazioni si sono rivolte alla centrale unica per un giro d’affari che ha intermediato 6,6 miliardi, solo il 17 per cento della spesa. Da sola, questa percentuale, ha generato risparmi per 3,2 miliardi di euro. Se tutte le amministrazioni si fossero rivolte alla Consip o agli altri enti appaltanti, il risparmio per il bilancio dello Stato si sarebbe avvicinato virtualmente a 20 miliardi, quanto un’intera manovra.
Buona parte delle amministrazioni pubbliche italiane, che spesso sprecano denaro pubblico senza cercare le migliori soluzioni sul mercato e sono poi costrette a rivalersi sui cittadini aumentando il prelievo fiscale o riducendo i servizi erogati alla collettività.
Personal computer che potevano essere pagati 310 euro, ne sono costati 373. Bollette annuali liquidate a 210 euro invece di 135. Stampanti in bianco e nero acquistabili per 36 euro costate 103 euro.
Stesso discorso vale quando si tratta di comprare le automobili. Mediamente per una citycar i comuni pagano 9.707 euro, quando potrebbero comprare la stessa auto tramite Consip sborsando 7.911 euro, il 18 per cento in meno.