L’Italia è l’esempio tipico di un Paese che, dato il suo elevato rapporto debito/Pil, non ha alcuno spazio fiscale: è questa la visione del direttore del dipartimento degli Affari fiscali del Fondo monetario internazionale, Vitor Gaspar, il quale ha pubblicato (insieme ad altri autori) un working paper dal titolo “Politiche fiscali nell’Area Euro”.
La principale sfida per il Paese è la ricomposizione di ‘cuscinetti’ fiscali al fine di perseguire una politica fiscale ben ancorata in una strategia di medio termine. Per spazio fiscale s’intende, in generale, quel margine di manovra che il governo può avere nell’intraprendere una politica economica espansiva senza danneggiare i conti.
La visione del Fondo, va precisato, non necessariamente riflette quella dell’autorevole autore. Nel report dell’organizzazione di Washington, comunque, viene sottolineato anche il deficit di legittimità democratica e le limitate competenze del Parlamento europeo
La questione del debito, comunque, interessa tutta l’area euro. Il Fondo rileva che è salito da una media sotto al 60% del Pil agli inizi degli anni 1990 a oltre il 90% nel 2015. Nel working paper ‘Fiscal Policy in the Euro Area’, si sottolinea che l’aumento è stato ”pronunciato nel 2009 e nel 2010, al picco della crisi”.
I Paesi dell’Eurozona, inoltre, violano le regole del Patto di Stabilità in maniera a volte «sistematica». Per esempio, gli obiettivi fiscali di medio termine dal 2002 al 2015 sono stati violati «ogni singolo anno da quasi due terzi dei Paesi membri». Il rispetto delle regole, osserva il Fmi, «è peggiorato in maniera particolare durante la crisi: nel 2009 gli obiettivi di medio termine sono stati violati dal 90% dei Paesi, il tetto di debito dal 50%, il limite del deficit dall’85% e l’aggiustamento fiscale richiesto dal 75%».
In parallelo, «la quota di Paesi con un debito superiore al 60% del Pil è salito dal 35% nel 1999 al 75% nel 2015». Secondo l’istituto di Washington per assicurare il rispetto delle regole è opportuno «rendere le sanzioni più accettabili politicamente», anche perché le sanzioni economiche per chi sfora non fanno che «esacerbare le difficoltà finanziarie di governi già sotto stress», e «creare benefici tangibili per chi rispetta le regole» come, ad esempio, una maggior quota di fondi strutturali”.
Secondo il Fondo monetario l’Eurozona soffre di un «deficit di legittimità democratica» che ha «radici complesse e molteplici», tra le quali spiccano le «limitate competenze del Parlamento Europeo» che «creano un senso di carenza di democrazia». «Il Parlamento Europeo non ha iniziativa legislativa, non ha supervisione sul Consiglio Europeo e può sfiduciare la Commissione solo in blocco (non per singolo Commissario)», si legge nel documento, «di conseguenza, le istituzioni europee sono spesso percepite dall’opinione pubblica come entità non elette che non devono chiedere conto a nessuno».