È stato presentato ieri il nuovo rapporto FAO sullo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura mondiale. Secondo la FAO le opportunità migliori di sviluppo dei prossimi anni si concentreranno nei paesi poveri e nel settore dell’agricoltura. Le aree rurali di quei paesi hanno un potenziale altissimo ma potranno sfruttarlo solo se riusciranno a fermare l’emigrazione. Il successo dell’agenda di sviluppo 2030 discenderà proprio dall’integrazione del capitale umano con l’ambiente circostante. La sfida dell’ONU per l’alimentazione è superare due problemi fondamentali: quello della bassa produttività dell’agricoltura di sussistenza e quello della rapida crescita della popolazione e dell’urbanizzazione. Le aree rurali, dunque, possono essere cruciali nello sviluppo economico dei Paesi sottosviluppati e offrire opportunità di lavoro a un esercito crescente di giovani africani e asiatici altrimenti destinato a ingrossare le fila dei poveri nelle città o a cercare sbocco nei flussi migratori.
E’ questo il messaggio fondamentale che emerge dal rapporto Fao dove si invitano i governi a “sbloccare” il potenziale delle aree rurali attraverso un approccio di pianificazione “agroterritoriale” – che metta in relazione le città e le zone rurali circostanti – unito allo sviluppo agroindustriale.
A livello globale le grandi città con popolazioni di 5-10 milioni e mega-città con più di 10 milioni di abitanti rappresentano solo il 20% degli abitanti urbani del mondo. Mentre nei Paesi in via di sviluppo le aree urbane sono relativamente piccole: circa il 50% della popolazione urbana totale, 1,45 miliardi di persone, vive in città di 500mila abitanti o meno. In prospettiva, al 2030, la maggioranza della popolazione urbana del mondo si troverà in città con una popolazione di 1 milione o meno; l’80% di queste persone vivrà in aree urbane con meno di 500 000 abitanti. Sono alcuni dei dati del nuovo Rapporto Fao ‘Lo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura 2017’ in cui si sottolinea l’importante legame tra centri urbani di piccole dimensioni ed economie rurali.
Dal rapporto emerge, infatti, come i cambiamenti nelle economie rurali possano avere un grande impatto: “a partire dagli anni ’90 alle trasformazioni delle economie rurali si deve il merito di aver aiutato centinaia di milioni di persone rurali a venir fuori dalla povertà”. Che tradotto in cifre vuol dire che da allora ad oggi, altri 750 milioni di persone delle aree rurali hanno redditi al di sopra della linea di povertà moderata di 3,10 dollari a persona al giorno.
Tuttavia, sottolinea la Fao, “questo progresso è stato irregolare e la crescita demografica sta aumentando il problema. Si prevede che tra il 2015 e il 2030, la fascia di popolazione compresa tra i 15 ei 24 anni di età aumenterà di circa 100 milioni raggiungendo 1,3 miliardi di persone. Quasi tutto questo aumento avrà luogo nell’Africa sub-sahariana e la parte del leone la faranno le zone rurali. Ma in molti Paesi in via di sviluppo, soprattutto in Asia meridionale e nell’Africa sub-sahariana, la crescita dei settori industriali e dei servizi ha subito un ritardo e non saranno in grado di assorbire il numero enorme di persone in cerca di lavoro. Né ci riuscirà l’agricoltura, nella sua forma attuale”. Con il rischio di aumentare il numero dei poveri nelle città o di incrementare le migrazione stagionali o permanenti.
Per questo motivo, chiede la Fao, “rappresenta un intervento strategico il sostegno politico e gli investimenti nelle aree rurali per costruire sistemi alimentari produttivi e sostenere agro-industrie ben collegate alle zone urbane, in particolare alle città di piccole e medie dimensioni, che creeranno occupazione e consentiranno a più persone di rimanere e prosperare”.
“Troppo spesso ignorati da decisori politici e pianificatori, le reti cittadine e di piccoli centri urbani rappresentano punti di riferimento importanti per le popolazioni rurali: è qui dove comprano i semi, mandano i figli a scuola e dove accedono ai servizi sanitari e altro”, osserva il direttore generale della Fao José Graziano da Silva nella nota introduttiva al Rapporto. “Invitiamo i decisori politici a riconoscere il ruolo catalitico dei piccoli centri urbani come mediatori tra il mondo rurale e urbano e a fornire ai piccoli agricoltori maggiori opportunità per commercializzare i loro prodotti e per condividere i benefici della crescita economica”, aggiunge.
‘Lo stato dell’alimentazione e dell’agricoltura’ sostiene che le trasformazioni necessarie nelle economie rurali possono essere messe in moto sfruttando la crescente domanda di cibo nelle aree urbane. Lo studio suggerisce tre linee di azione: “la prima prevede la realizzazione di una serie di politiche volte a garantire che i piccoli produttori siano in grado di partecipare pienamente a soddisfare le esigenze alimentari urbane. Misure per rafforzare i diritti di proprietà fondiaria, garantire equità dei contratti di fornitura e migliorare l’accesso al credito sono solo alcune possibili opzioni; la seconda è quella di costruire le infrastrutture necessarie per collegare le aree rurali ai mercati urbani; la terza comporta di connettere le economie rurali non solo con le grandi città, ma anche di lavorare con aree urbane più piccole e più diffuse”.