Assumere stupefacenti e guidare un’auto non integra di per sé reato. La singolare pronuncia è contenuta nella sentenza n. 3623/2016, depositata dalla quarta sezione penale della Corte di Cassazione il 27 gennaio scorso. La Suprema Corte ha, infatti, stabilito che “non è sufficiente provare l’assunzione di stupefacenti prima di mettersi al volante. Occorre che la guida sia effettivamente alterata. In materia di guida in stato di alterazione psico-fisica causato dall’assunzione di stupefacenti – commentano alcuni esperti – bisogna sempre considerare una distinzione: la fattispecie di reato di cui all’articolo 187 del codice della strada si configura solo quando effettivamente il soggetto guidi in condizioni fisiche e psichiche alterate a causa dell’assunzione di droghe. A tal fine non basta, quindi, provare che egli abbia assunto stupefacenti prima di mettersi al volante.
Nel caso di specie – spiegano – l’imputata era ricorsa ai giudici di legittimità per veder alleggerita la sua condanna in considerazione del fatto che l’esame clinico, cui la stessa era stata sottoposta per verificare l’utilizzo da parte sua di stupefacenti, non sarebbe idoneo a stabilire se la riscontrata assunzione delle droghe sia avvenuta effettivamente immediatamente prima di mettersi alla guida o, invece, nei giorni precedenti. Proprio sulla base delle argomentazioni sopra riportate il ricorso della donna è stato accolto. Per i giudici, infatti, se, per configurarsi la guida in stato di ebbrezza sono sufficienti l’accertamento del superamento del tasso limite o anche solo la prova sintomatica dell’ebbrezza, per il reato di cui l’articolo 187 del codice della strada non è così. L’assunzione di droghe nei momenti precedenti la guida deve infatti essere riscontrata sia attraverso un accertamento tecnico-biologico, sia attraverso altre circostanze che provino la situazione di alterazione psico-fisica.