Il Mercato Centrale di San Salvador è statisticamente una delle zone più pericolose di una delle città a sua volta più violente del mondo. Si estende su una decina di isolati freneticamente congestionati che pulsano di migliaia di venditori, intasando le strade nel cuore della capitale salvadoregna, con bancarelle improvvisate e tavoli ricolmi di tutto ciò che si può pensare di acquistare: pile di vestiti e frutta, biancheria intima, giocattoli di plastica a buon mercato, saponette, imitazioni di ambiti marchi nordamericani. Donne che cucinano i tipici ‘tamales’ accanto a sacchi di papaia o che servono il caffè fumante in fragili tazze di polistirolo che bruciano le mani. Ragazzi spingono carriole di ghiaccio, banane e mango, scorrendo file di manichini che indossano leggings in vendita. Si può dire che la vita sia ordita dal commercio. La violenza qui è in gran parte invisibile, fino a quando, naturalmente, esplode fragorosamente.
Parte da questo confuso e terribile non-luogo il tentativo della nuova amministrazione di salvare la città centroamericana. Il quotidiano britannico The Guardian, ha pubblicato un’approfondita inchiesta sul sindaco di San Salvador, Najib Bukele. Nel reportage, dal titolo “Un sindaco ‘millennial’ può salvare una delle città più violente del mondo?”, è contenuta una descrizione dettagliata della situazione della capitale salvadoregna e di come le politiche attuate dall’amministrazione Bukele incidano positivamente sulla popolazione.
Il quotidiano inglese pone l’accento sulla crescente popolarità di cui gode il sindaco; il suo modo di fare politica sta raggiungendo persone di ogni età e preferenza politica. Nell’articolo si evidenzia soprattutto l’”arma” principale di Bukele: i social network. Qui si diffondono le sue idee e i cittadini approvano le sue scelte.
Ma chi è Nayib Bukele? Il quotidiano on line Distintas Latitudes lo definisce ‘el mesías de twitter’. Ha 33 anni ed è da poco diventato sindaco di El Salvador, la città con il maggior tasso di omicidi del mondo. Dopo una lunga serie di tentativi falliti dalla politica sta cercando di mettere in pratica un nuovo metodo per sconfiggere la guerra fra bande rivali che sta mettendo in ginocchio il paese. “Quando la gente ha il mal di testa chiede una medicina, e io la capisco” ha dichiarato al quotidiano britannico ‘The Guardian’, “ma preferisco combattere le cause del mal di testa”. Nella visione di Bukele la medicina alla violenza è la repressione mentre la cura sta nel combattere le disuguaglianze con un insieme di politiche di gentrificazione, di comunicazione e di sviluppo.
L’esempio è nel controllo del Mercato centrale della città, teatro di scontri da decenni e ritenuto il posto più pericoloso del mondo. Le politiche del giovane sindaco, figlio di ricchi capitalisti ma a capo di un partito di ex guerriglieri di sinistra, prevedono di rendere attraente l’idea di lasciare le postazioni ambulanti e illegali con l’offerta di locazioni moderne e regolari in nuovi mercati fuori città, mentre al contempo in centro c’è il progetto di aprire teatri e locali che rendano più bella la città, in modo da far innalzare gli affitti e portare una nuova classe sociale a vivere gli spazi della città dove sono previsti anche nuovi impianti sportivi. La visione di Bukele è supportata da una campagna mediatica nuova per il populismo di sinistra sudamericano. Un team di fotografi e social media manager lo seguono in ogni sua mossa, alimentano il mito del brand ‘Nayib Bukele’, sempre più amato fra i giovani. L’ascesa verso le presidenziali del 2019 sembra inarrestabile, e con lei l’impatto della generazione millennial sulla politica centroamericana e del sud America in generale.