Dal 1932, quello che stiamo vivendo, è il peggiore inizio d’anno per tutte le borse mondiali. Quello che stupisce è ciò che accade in Europa. Nonostante le previsioni positive sulla non forte ripresa nel 2016 (+1,7%) le borse europee sono precipitate e ancora di più quella italiana: in 40 giorni – 26%. Cosa accade?
All’inizio di questo crollo il settore più colpito è stato quello bancario poi, tutti gli altri hanno seguito, con intensità diversa ma sempre con percentuali a due cifre. La debole ripresa dell’Italia potrebbe indebolirsi con inevitabili problemi sul bilancio dello Stato e, a cascata, su quello degli enti locali. Come spiegare quello che sta accadendo?
Il Qe americano ha funzionato, tanto che ora il problema della Yellen è: per non creare inflazione, come uscire dall’epoca dei tassi vicino allo zero senza attenuare la ripresa economica? La disoccupazione è intorno al 5% e l’inflazione è al 2%. Si può affermare che l’economia degli USA è uscita dal periodo buio creato dal fallimento della Lehman Brothers del 2008. Ma, i timori serpeggiano anche in America perché lo scenario mondiale non è rassicurante: la Cina vive un sano ridimensionamento della sua impetuosa crescita che non sarà mai più vicina a valori a due cifre, ma questo comporta un ridimensionamento della domanda mondiale. Brasile e Russia sono precipitate in recessione, solo l’India mantiene una ripresa soddisfacente.
L’Europa, dopo il 2008, non riesce ad uscire dalle sue contraddizioni e non ha costruito una politica economica espansiva (ricordiamoci il pareggio di bilancio in costituzione ed il fiscal compact entrambi criticati da diversi premi nobel dell’economia). Nonostante le pressioni delle autorità americane, compreso lo stesso Obama, il Qe europeo è partito solo l’anno scorso. Questo ha portato ad un indebolimento della domanda mondiale poiché di fronte al calo dell’espansione cinese non c’è stata la sostituzione della domanda europea. Infatti sta diminuendo la ripresa del commercio mondiale. Se aggiungiamo anche il calo del prezzo del petrolio e di tutte le materie prime, che ha fatto scendere notevolmente la domanda dei paesi emergenti e ha creato gravi problemi nei bilanci di molti paesi esportatori, possiamo capire quale sia il sostrato di paure ed incertezze che governano lo scenario economico internazionale.
Su questo scenario di base si innesta una tematica scarsamente trattata dalla politica in generale e dalle classi dirigenti: dopo il 2008 l’evoluzione delle dinamiche finanziarie non sono più il derivato delle trasformazioni strutturali dell’economia e dell’industria ma, bensì, influenzano e, quasi determinano ascese e discese della produzione industriale e dell’economia tutta. Il rapporto tra finanza e produzione non è stato più ricondotto all’interno di binari che promuovano lo sviluppo sociale.
Tornando alla situazione europea, l’insicurezza sociale che serpeggia, prevalentemente nei paesi mediterranei, non trova un adeguato riscontro in politiche economiche all’altezza della gravità dei problemi. Come accennavamo in precedenza, ancora non esistono politiche economiche comunitarie tese alla crescita consistente del pil per invertire una situazione che ha fatto deteriorare il reddito medio pro capite e l’impoverimento di paesi come la Grecia, l’Italia e la Spagna con conseguenti forti ondate di populismo. Anche l’entrata in vigore del Bail in ha compromesso l’ultima sicurezza che l’opinione pubblica aveva, il risparmio . Soprattutto da un punto di vista macroeconomico, aver deciso la fallibilità delle banche, mantenendo il divieto degli aiuti di stato, come fu fatto dai paesi anglosassoni dopo il 2008, senza aver risanato la situazioni delle banche, come quella della Deutsche Bank ( un disavanzo 2015 di 7 miliardi di euro) che possiede ancora molti titoli tossici, corre il rischio di incrinare ancora di più la fiducia dei mercati e spiega l’instabilità dei sistemi borsistici continentali. Forse sarebbe stato meglio risanare la situazione di tutte le banche europee, compromessa da titoli tossici o da quelli deteriorati, che, comunque, sono diversi ed in parte commerciabili, e poi adottare il Bail in con una totale supervisione della Bce coadiuvata dalle banche centrali, su tutte le banche europee.
Nel mondo multipolare in cui siamo precipitati dopo l’89, le amare considerazioni che si possono fare sono le seguenti:
• Il villaggio globale è composto da grandi e medie potenze in competizione tra loro, non solo militare ma anche economica, che non ritengono di trovare un coordinamento tra loro. Basti ricordare il complicato rapporto tra Russia, Europa e Usa che, invece, dovrebbero collaborare per imprimere maggiore pace e più sviluppo a livello globale;
• L’invasione della finanza all’interno dei circuiti economici dovrebbe essere arginata. I titoli tossici non possono essere assimilati ai crediti deteriorati delle banche italiane (il 70% garantite dai mutui sulle case). La banca deve riacquistare il suo antico ruolo di sicurezza del risparmio e dell’investimento. Dobbiamo uscire dall’insicurezza creata dal fallimento della Lehman Brothers ma il Bail in non aiuta;
• Le banche centrali non possono essere lasciate da sole nell’affrontare la crisi più grave dal dopoguerra. Ed anche gli USA non possono trascinare da soli la ripresa mondiale. Urge un’azione concertata tra Paesi in favore della politica economica espansiva ed un coordinamento tra banche centrali poiché il rialzo dei tassi in America potrebbe rivelarsi un boomerang se altri paesi non accompagnano l’espansione economica. Infatti il rialzo dei tassi tamponerebbe il rischio inflazione negli USA ma, diminuendo la ripresa americana, bloccherebbe la ripresa degli altri paesi e, quindi, diminuendo il commercio mondiale anche l’offerta americana e, in seconda battuta, anche la domanda.
Concludendo, il mondo multipolare è molto più complesso di quello bipolare e le nazioni devono rassegnarsi che solo la cooperazione permette lo sviluppo e la pace dei popoli. Forse l’Onu, ripensato e rivisto alla luce delle problematiche attuali, si potrebbe trasformare da ente inutile ad organismo sovranazionale in grado di gestire i processi globali.