La relazione della Corte dei Conti offre la possibilità di valutare il comportamento degli enti locali in materia di trattamento economico del personale dirigente. Ci sono due facce della stessa medaglia: da un lato decresce il numero dei dirigenti, dall’altro cresce la retribuzione media degli stessi. È un fenomeno che deve indurre a giudizi negativi? Non pare. Innanzi tutto, se l’autonomia ha un senso, spetta agli enti locali decidere cosa fare dei risparmi ottenuti sul fronte della spesa in concomitanza con la riduzione dei dirigenti. Poi, in coerenza con i principi più volte ribaditi circa l’opportunità di valorizzare e incentivare il lavoro professionale qualificato, non deve suonare scandalosa la dilatazione del salario accessorio (sempre legato al raggiungimento di precisi obiettivi fissati dalle amministrazioni). Infine, poiché il trattamento economico che spetta alla dirigenza locale non è affatto fuori misura, anzi risponde a logiche consolidate di effettivo contenimento, dovrebbe essere salutato con favore il buon impiego delle quote riservate al “premio di produzione”. Se vogliamo una macchina burocratica (locale) più efficiente, capace di venire incontro alla domanda di “buona amministrazione” dei cittadini, allora dobbiamo investire sulla prima, fondamentale componente della modernizzazione: quella delle risorse umane.