Il 2 giugno è stata la festa nazionale dei piccoli Comuni, un evento nato nel 2004 per valorizzare le piccole municipalità che lavorano alacremente che promuovono il buon governo dei territori, insieme alla capacità di innovare e competere. E’ quanto emerge dal dossier presentato a Roma da Legambiente e Uncem in occasione dell’incontro tra piccoli Comuni a smart land organizzato insieme all’Anci, Unpli, Fondazione Symbola, con il patrocinio dei Ministeri dell’Ambiente, delle Politiche agricole, del Mibac, il sostegno di Poste italiane e Open Fiber, nell’ambito della festa dei piccoli Comuni Voler Bene all’Italia.
Il documento suddivide i piccoli comuni in funzione dei loro caratteri identitari e della qualità del loro patrimonio storico culturale, analizzando una serie di indicatori tematici che cercano di delineare i diversi trend di cambiamento (saldo della popolazione, degli stranieri, digital divide, istruzione), gli attori in campo (presenza di giovani, aziende, volontari e istituzioni culturali) e la presenza del patrimonio locale (beni culturali, servizi ecosistemici, prodotti tipici e presenza di cammini). La fotografia scattata è a colori anche se variegata e disomogenea. Per un verso, infatti, si delinea una realtà vivace, articolata e in movimento, che riesce a misurarsi con i processi di cambiamento e le tendenze globali. Dall’altro vi sono invece divari molto ampi con altre realtà del Paese .
La densità del patrimonio culturale, l’intensità dei servizi ecosistemici, i prodotti tipici e i cammini riflettono le potenzialità dei territori e le positive quanto interessanti ricadute delle politiche pubbliche di valorizzazione. Il 92% dei prodotti del territorio viene dai piccoli Comuni, mentre i servizi ecosistemici (che secondo stime attendibili valgono 93 miliardi di euro l’anno, quasi il 5% del Pil) presentano nei borghi densità più alte: 3.500 euro all’ettaro contro una media di 3.000.
L’approccio integrato, che la ricerca applica su scala comunale, evidenzia tra gli esiti più significativi come il segmento più interessante dei piccoli comuni italiani, in funzione dei loro ruoli territoriali e dei loro caratteri identitari, presenti condizioni di attrattività marcatamente superiori a quelli della media italiana. Negli ultimi quattro anni questi piccoli comuni hanno attratto 1,7 persone per ogni mille residenti, quando la media italiana era di 1,2. L’Italia dei piccoli comuni può mostrare, dunque, condizioni di reale attrattività, rivolgendosi con successo sia alle scelte insediative della popolazione sia a quelle delle correnti migratorie della popolazione straniera, a patto che risultino presenti condizioni di tenuta identitaria forte e che i fattori di sviluppo socio economico tengano. Un’attrattività confermata anche dai dati sulla densità imprenditoriale, che nei piccoli comuni è di 10,4 imprese per 100 residenti contro una media del Paese di 8,5. E un interessante segnale di vitalità proveniente dal segmento delle piccole città storiche è anche la concentrazione dei giovani in ingresso nel mercato del lavoro: 17,3% rispetto a una media nazionale di 16,9.
Sul fronte delle politiche di sistema, invece, si registrano ancora notevoli ritardi. Nel 70% della superficie nazionale, i redditi della popolazione sono più bassi del 13,1% rispetto ai centri più grandi e in 2.600 piccoli comuni, il gap del reddito medio pro capite risulta del 35%. Sono poi evidenti, alcune carenze strutturali dei servizi. Nel 2018, ad esempio, la penalizzazione dei piccoli comuni nella diffusione della Banda Ultra Larga si presenta in proporzioni distoniche con il solo 17,4% delle utenze servite contro una media nazionale del 66,9. Sul fronte dei livelli di istruzione, nei piccoli comuni si contano, inoltre, appena 7,1 laureati per 100 abitanti contro una media nazionale del 10,8 (già bassa di per sè rispetto ai livelli dei Paesi Ocse).
Sono tuttavia molteplici le storie d’innovazione sociale e tecnologica, di integrazione e di turismo sostenibile, di economia circolare, rigenerazione edilizia e nuova imprenditoria verde che si rilevano nei piccoli comuni. A Fluminimaggiore in provincia di Carbonia Iglesias (Sardegna), un Comune di 3.000 abitanti, è partito un progetto di welfare diffuso per gli over 65, attraverso la creazione di una cooperativa di comunità in grado anche di produrre e distribuire rinnovabili. A San Lorenzo Bellizzi, in provincia di Cosenza, invece, l’amministrazione municipale ha investito nel fotovoltaico e quasi i due terzi degli edifici pubblici ospitano impianti fotovoltaici e il Comune ridistribuisce gli introiti del Conto Energia alla cittadinanza attraverso l’esenzione della Tasi. Con la vendita dell’energia prodotta, inoltre, sono stati già azzerati i tributi comunali destinati alla ristrutturazione degli immobili del centro storico. Chiusano d’Asti è il comune capofila del progetto Agape, di cui fanno parte anche Castellero, Cortandone, Monale e Settime, ha sviluppato un progetto di accoglienza diffusa dei migranti, oltre alla “prevenzione” della violenza di genere e alla promozione dell’inclusione degli alunni con disabilità. Uggiano La Chiesa, nel leccese, vi è poi un progetto di riqualificazione edilizia della scuola dell’infanzia, che ha portato a ridurre i consumi di energia con il conseguente abbattimento del 90% delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera e l’eliminazione completa del gas radon, attraverso interventi di miglioramento dell’efficienza dell’impianto di riscaldamento, di raffrescamento, di produzione di acqua calda sanitaria, di illuminazione, anche con l’utilizzo delle fonti rinnovabili. Il Distretto turistico della Costa amalfitana mette insieme 14 Comuni e 55 imprese unite per rendere più sostenibile il modello economico di quel territorio, uno tra i più belli e fragili d’Italia, impegnandosi a realizzare una rete per la mobilità elettrica, installare dispenser ricaricabili, favorire gli acquisti verdi e sviluppare un’attenzione costante all’ambiente e all’accessibilità e fruibilità delle spiagge. Sul fronte delle start up, Apepak produce imballi alimentari ottenuti da teli di cotone biologico a filiera etica imbevuti di cera d’api, ponendo soluzione a tre grandi questioni: l’inquinamento da plastica, la tutela delle api mellifere in via di estinzione ed infine l’etica di inclusione sociale nel mondo del lavoro. Una filiera di economia circolare virtuosa è stata, poi, pensata ad Altivole, nel trevigiano. Lombricoltura clandestina, invece, a Sezzadio in provincia di Alessandria, si occupa di allevamento di lombrichi per la produzione di humus e la realizzazione di impianti per il compostaggio: si basa sulla trasformazione di scarti vegetali in humus ad opera dei lombrichi e permette il riciclo di rifiuti organici e la produzione di fertilizzante naturale da utilizzare in agricoltura e orticoltura.
L’Italia dei borghi, che rappresenta il 69,7% delle municipalità italiane (5.552 Comuni al 2018) e governa oltre il 50% dell’intero territorio nazionale, offre, insomma, numerose esperienze di innovazione che disegnano i contorni di un possibile cambio di passo verso un futuro di benessere e sostenibilità, capace di disegnare un argine allo storico abbandono, invecchiamento e spopolamento dei piccoli centri. Considerando che in questi luoghi al 2030 si conterà un anziano ogni tre persone e tre anziani per ogni bambino ma anche una casa vuota ogni due occupate: solo il 15% di quelle disponibili ospiterebbero 300.000 abitanti, e le opere di adeguamento edilizie potrebbero valere 2 miliardi di euro nella rigenerazione, nonchè decine di migliaia di nuovi addetti. Utilizzando un quarto delle superfici coltivate abbandonate negli ultimi 20 anni, inoltre, avremmo 125.000 nuove aziende agricole di 12 ettari ciascuna, assecondando un già marcato ritorno all’agricoltura di eccellenza italiana.
Guardando al prossimo futuro, la capacità di innovazione sociale, digitale e insediativa di questi territori è fondamentale e andrebbe accompagnata con serie politiche di sistema. Per questo oltre 150 Comuni hanno aderito alla Giornata di Voler bene all’Italia, per chiedere anche agevolazioni all’impresa locale di prossimità, all’impresa digitale e alla residenzialità.
“Celebrare queste realtà – ha sottolineato il presidente Uncem, Marco Bussone – vuol dire celebrare l’Italia intera, tanto più nella stessa domenica della Festa della Repubblica italiana di cui sono la spina dorsale e la radice identitaria. Mettere questi territori, che spesso garantiscono la manutenzione di territori montani e ne prevengono il dissesto idrogeologico, in grado di competere con le loro enormi potenzialità, in maniera diffusa, è la vera occasione per fare ripartire il Paese”.
“I piccoli Comuni sanno porsi sulla frontiera dell’innovazione – ha detto il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani – ma hanno ancora bisogno di politiche di sistema che permettano loro di proiettare nel futuro l’alta qualità della vita di cui sono custodi, potenziando la presenza di servizi e di offerta formativa, le opportunità di lavoro e investimento, gli strumenti di valorizzazione e di manutenzione del territorio”.