Valenza, nell’alessandrino, è un comune di 20.000 abitanti, posto sulla sponda destra del Po a ridosso delle colline del Monferrato, ma anche vicino alla pianura della Lomellina e delle sue risaie. Anticamente la popolazione di quest’area scese dalle colline dell’astigiano, costituendo il primo borgo urbano.
Palazzo Pastore, in stile barocco, è l’edificio più antico della città. Il Duomo di Valenza è dedicato a Santa Maria Maggiore e risale, secondo un antico documento che ne cita la data, al 1096.
Accanto all’altare centrale si trova una palla di cannone sparata, nel 1635, nella cattedrale piena di persone raccolte in preghiera dalle truppe assedianti francesi, piemontesi e parmensi. I fedeli rimasero incolumi e decisero così di murarla nel punto stesso in cui cadde.
Malgrado le continue guerre, le idee portate dai francesi svilupparono anche a Valenza quei principi egualitari, quelle aspirazioni democratiche di autogoverno che furono le premesse del Risorgimento. Dopo la caduta di Napoleone la città subì non solo la restaurazione sabauda, ma lo stanziamento di un presidio austriaco che gravava sulle spalle dei contribuenti tanto da sollecitare ben presto aspirazioni liberali e costituzionali in tutta la popolazione.
Nel marzo-aprile 1821, durante la rivoluzione piemontese, anche il Consiglio comunale di Valenza solidarizzò con gli insorti e con il reggente Carlo Alberto che aveva concesso la Costituzione. La sconfitta di Novara, il ritorno del presidio austriaco fino al 1823, la reazione sabauda con le sue dure condanne, non riuscirono tuttavia a piegare il sentimento della città. Per tutto il Risorgimento, insomma, Valenza seppe dare il suo contributo ai moti costituzionali, alle guerre di indipendenza, alle imprese garibaldine.
Con l’Unità d’Italia, Valenza perse definitivamente il carattere di città militare e, nel quadro del mercato nazionale unificato, sviluppò nuove attività industriali che affiancarono e poi sostituirono quelle agricole. Circa vent’anni prima (nel 1840) Vincenzo Morosetti aveva avviato l’industria orafa, destinata a diventare la più importante del nostro Paese, caratterizzandosi non solo sul piano tecnico ed imprenditoriale, ma legandosi altresì, almeno in un primo tempo, alle correnti della moda e dell’arte europee, senza perdere la grande forza della tradizione artigiana da cui partiva.
Il metodo di lavorazione assai complesso, elaborato da Morsetti viene oggi integrato con mezzi innovativi di cui ogni bottega e piccola azienda dispone. A Valenza dallo scorso anno ha preso vita “Il Gioiello” Museo dell’Arte Orafa in cui sono esposti gli antichi macchinari per la lavorazione del prezioso metallo. I manufatti di Valenza nascono dalle mani degli artigiani, dei creativi ed oggi la formazione di coloro che si dedicano a tramandare quest’arte è affidata alle scuole specializzate, che preparano quadri tecnici operativi per le imprese della zona. Se la peculiarità della produzione valenzana è data dal valore aggiunto conferito dalla tradizionale manualità e artigianalità delle creazioni, da anni la città si è posta l’obiettivo di affermarsi anche come polo tecnologico della gioielleria italiana. Per raggiungere questo obiettivo, l’associazione orafa locale si avvale della collaborazione del Politecnico di Torino, sede di Alessandria, che ha avviato un master post laurea in oreficeria ed iniziative di ricerca e formazione. Ancora una volta il passato proteso verso il futuro.