Il suolo ha un valore ambientale, sociale, culturale ed economico determinante per l’intera collettività.
A quello strato sottile che copre la superficie terreste, paragonabile in qualche modo alla buccia di un’arancia o di una mela spesso non prestiamo grande attenzione. Per la sua formazione occorrono tuttavia tempi geologici importanti, qualche secolo insomma, non bazzecole.
L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) ha presentato il Rapporto 2017 sul consumo di suolo, uno studio articolato svolto con il supporto del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente (Snpa). Una raccolta dati aggiornata prodotta con un dettaglio a scala nazionale, regionale e comunale che ha visto l’Ispra insieme alle Agenzie per la protezione dell’ambiente delle Regioni e delle Province autonome, impegnata in un lavoro congiunto di monitoraggio. Dallo studio emerge che dagli anni ‘50 al 2016 il consumo di suolo nazionale è passato dal 2,7% al 7,6% con una crescita dell’84%.
Asfaltature e colate di cemento continuano ad interessare le aree a pericolosità sismica (oggi è ricoperto oltre il 7% delle zone a pericolosità alta e quasi il 5% di quelle a pericolosità molto alta), per le aree a rischio idrogeologico abbiamo un interessamento di oltre 257.000 ettari, ovvero l’11% del totale del suolo artificiale nazionale, e nelle zone a pericolosità frana è stato costruito circa l’11,8% del totale nazionale, con un incremento medio dello 0,2%. Per quanto riguarda, poi, la fascia costiera (a meno di 300 metri) il dato è pari allo 0,15% a livello nazionale, mentre per le aree protette il territorio consumato si attesta a 32.800 ettari, con un aumento di ulteriori 48 ettari tra il 2015 e il 2016.
Nel quadro d’insieme sono 15 le regioni che hanno perso una percentuale di suolo superiore al 5%, tra queste: Lombardia, Veneto (entrambe con oltre il 12%) e Campania (oltre il 10%). Gli incrementi maggiori in valori assoluti si sono avuti in Lombardia (648 ettari di nuove superfici artificiali), Sicilia (585 ettari) e Veneto (563 ettari).
Quella di Monza e della Brianza è la provincia con la percentuale più alta di consumo di suolo rispetto al territorio amministrato (oltre il 40%), con una crescita ulteriore, tra il 2015 e il 2016, di 22 ettari. A seguire troviamo Napoli e Milano (oltre il 30%), Trieste, Varese, Padova e Treviso. Tra queste ultime l’incremento maggiore è stato registrata nella provincia di Treviso (186 ettari tra il 2015 e il 2016, il valore più alto a livello nazionale).
Nelle realtà urbane più piccole la crescita percentuale maggiore delle superfici artificiali è avvenuta a Calcio (in provincia di Bergamo, cresciuto del 9,5%), Oschiri (Olbia-Tempio, 7,4%) e ad Altivole (nel trevigiano, 6,9%), confermando che sono spesso i comuni medio piccoli quelli che mostrano una maggiore tendenza a consumare suolo.
Montalto di Castro (nel viterbese, con 65 ettari di nuovo consumo di suolo tra il 2015 e il 2016), Eboli (nel salernitano, 57 ettari), Roma (54 ettari) e Alcamo (Trapani, 52 ettari), sono i territori nei quali l’incremento è stato maggiore in valore assoluto. Tra i comuni con più di 150.000 abitanti, le percentuali maggiori sono state invece rilevate a Roma, Torino e Bologna.
Da novembre 2015 a maggio 2016 in Italia il consumo di suolo si è attestato a quasi 30 ettari di erosione al giorno, per un totale di 5.000 ettari di territorio peninsulare. Quest’anno, pur con una velocità ridotta, stimata sui 3 metri quadrati al secondo, il consumo di suolo continua la sua corsa cancellando chilometri e chilometri di superficie. Dati impressionanti.
Ma la terra, l’ambiente, il paesaggio sono lo specchio della storia e della cultura della nostra civiltà, l’espressione di un patrimonio naturale e culturale che costituisce la nostra identità.
Osservando il paesaggio italiano vediamo che è tra quelli più profondamente plasmati dalla storia. Un ambiente fisico originario ricco di contesti profondamente diversi tra loro: coste, monti, pianure, che propongono una grande varietà ambientale, che ha accolto una vicenda esistenziale tra le più ricche di civiltà e di cultura. I popoli, che nei decenni si sono succeduti nella nostra Penisola hanno saputo modellare scenari meravigliosi, oggi indiscutibilmente compromessi.
Occorre quindi un cambiamento di rotta che porti al centro il territorio come bene comune, orientando la produzione edilizia verso obiettivi di rigenerazione urbana. Questo significa guardare al consumo zero di suolo, dando spazio alla riqualificazione e al riuso delle aree dismesse, attraverso scelte urbanistiche appropriate.
Il restyling urbano è determinante per la crescita qualitativa della città ed è un forte fattore attrattivo per l’intero sistema territoriale.
Riqualificare l’esistente, confermare e potenziare il ruolo del paesaggio anche attraverso il miglioramento della qualità del costruito, semplificare le procedure è una scelta di responsabilità verso il futuro.