Nella prima metà del XIX Louis Braille metteva a punto un sistema di scrittura e lettura a rilievo per non vedenti ed ipovedenti; oggi a distanza di quasi due secoli la stampa in 3d, attraverso una riproduzione tridimensionale, consente ai fruitori di poter toccare ed indagare nei suoi dettagli l’elemento visivo.
Un’idea rivoluzionaria quella sostenuta dal fotografo di fama mondiale John Olsen, il quale nel 2008 ha fondato la 3D Photoworks, dedicando ben sette anni per sviluppare il suo progetto blind friendly.
Sono state realizzate delle stampe sviluppate in altezza, larghezza, profondità e spessore, riproducendo opere di artisti famosi, fotografie e disegni.
Attraverso l’esperienza tattile i non vedenti hanno avuto la possibilità di ricostruire mentalmente un’immagine e “vedere” per la prima volta le diverse espressioni artistiche.
Questa esperienza è stata coadiuvata dalla presenza di sensori che a seguito del contatto fisico hanno attivato un audio che narra la storia dell’opera.
L’intento è quello di permettere al non vedente o ipovedente di avere una conoscenza concreta, tangibile dell’arte, della quale precedentemente poteva avere solo una descrizione verbale.
Un’iniziativa, quella di Olsen, che ha ricevuto un grande consenso; a febbraio è in programma un’esposizione di fotografie scattate da artisti affetti da cecità parziale presso il Canadian Museum for Human Rights.
Tutto ciò auspica una riflessione importante nei confronti della cultura dell’accessibilità, che possa tener conto dei diritti di tutti, abili e non abili.
La Carta Europea dei Diritti Fondamentali, approvata a Nizza nel 2000, enuncia i diritti e i principi che devono essere rispettati dall’Unione in sede di applicazione del diritto comunitario.
L’art 26 recita: L’Unione riconosce e rispetta il diritto dei disabili di beneficiare di misure intese a garantirne l’autonomia,
l’inserimento sociale e professionale e la partecipazione alla vita della comunità.
Un percorso di sensibilizzazione socio-culturale sul tema delle barriere architettoniche, non solo intese come barriere fisiche, ma anche percettive e culturali.