Le Scuderie del Quirinale celebrano Pablo Picasso con una grande mostra: PICASSO. Tra Cubismo e Classicismo: 1915-1925.
L’esposizione, aperta al pubblico fino al 21 gennaio 2018, raccoglie un centinaio di capolavori esposti e scelti dal curatore Olivier Berggruen, in collaborazione con Anunciata von Liechtenstein, con prestiti di musei e collezioni eccellenti, dal Musée Picasso e dal Centre Pompidou di Parigi alla Tate di Londra, dal MoMa e dal Metropolitan Museum di New York al Museum Berggruen di Berlino, dalla Fundació Museu Picasso di Barcellona al Guggenheim di New York.
Picasso, nato il 25 ottobre 1881 a Malaga (si dice che già a dieci anni abbia dato prova delle sue capacità artistiche), racchiude in sé gran parte dell’arte del Novecento: impressionismo, espressionismo, postimpressionismo, surrealismo, postavanguardie e poi, a tratti, il rilievo segnico proprio dell’astrazione con le sue stesure cromatiche e con la fortissima geometrizzazione cubista. L’artista, figlio di un insegnante d’arte (il padre si chiamava José Ruiz Blasco ed il cognome Picasso lo prende dalla madre), ama trovare, cercare, agire. La ricerca gli serve per “far apparire qualche cosa” e poi, con istinto, trovarlo. Egli fa e pensa, riflette ed agisce con forte espressività, con innato temperamento volto alla continua sperimentazione. Dai primi disegni, in cui si percepisce una grande arte irrequieta, ecco che si approda a pitture, anch’esse collegate all’istinto, lo stesso istinto che si percepisce nel cogliere la matrice della primitività espressiva nella pittura cubista (senza sculture tribali Picasso cosa avrebbe realizzato?).
Una mostra che fa riflettere sull’artista protagonista delle avanguardie, e non solo, in cui è sviluppata e costantemente crescente la necessità di intuire ed eseguire immediatamente, senza eccessivi filtri concettuali. All’inizio del ‘900 Picasso si è già recato a Parigi dove ha studiato, “rubato”, assimilato e trasformato la lezione impressionista per poi dirigersi verso vie postimpressioniste. Poi, negli anni ’20, quando le avanguardie sono memorie, Picasso crea narrazioni visive, mai succube dell’analisi a priori, in cui il principio della geometrizzazione viene colto ma mai analizzato con eccessiva puntigliosità. Ama cambiare, spinto nella sua arte da impulsi e desideri, che si allontanano da ricerche fortemente analitiche e razionali. L’essere in continuo attraversamento tecnico e temporale, sua costante artistica, si sviluppa da subito e ciò farà sì che egli non sarà mai calato completamente e per sempre ad una specifica corrente artistica. Lui ama attraversare correnti e movimenti e rende il tutto suo, personale. Come un rapace ama gettarsi sulle prede, che osserva a distanza, per cibarsi di tendenze, stili, opinioni, osservazioni, esperienze. L’unica costante del suo coinvolgente percorso artistico, che riflette la natura vivace ed esuberante di una vita vissuta pienamente, è la base da cui parte che è sempre realistica (tenendo presente che in Picasso non c’è mai realismo tout court). Il realismo di Picasso, poco sociale e molto soggettivo, è vivo, “carnale”, immerso nell’azione quotidiana della vita, che va oltre ad ideologie, ben lontano dai realismi alla Verga.
A partire dal 1917, anno in cui si trova anche in Italia, Picasso recupera accademismi e classicismi, realismi e romanticismi (il vero impegno cubista si può dire concluso nel ’16 – il cubismo si sviluppa tra il 1909 ed il ’12 nella fase analitica e tra il 1912 e io 1916 nella fase sintetica -). Sono gli anni, 1915-1925, analizzati dalla mostra, che si sofferma in particolare sul metodo del “pastiche”, analizzando le modalità e le procedure utilizzate da Picasso come strumento al servizio del modernismo, in un percorso dal realismo all’astrazione (dal gioco delle superfici decorative nei collage, eseguiti durante la prima guerra mondiale, al realismo stilizzato degli “anni Diaghilev”, dalla natura morta al ritratto). A Palazzo Barberini si può ammirare il sipario dipinto per Parade, una tela lunga 17 metri e alta 11.
Gli anni successivi di Picasso saranno diversi. Dal 1944 appaiono le componenti sociologiche-politiche, che sfoceranno con l’adesione ufficiale al partito comunista francese. Anche in questo caso, comunque, l’autore sorvola le ideologie e si concentra su proprie riflessioni sulla guerra (già anticipate nel 1937 con “Guernica”).
Nonostante momenti differenti, nei lavori di Picasso permane sempre il suo originale realismo (spesso emblematico), che ritroviamo in ogni periodo della sua inesauribile ricerca fino alla morte.