“Da ragazzo ho sempre pensato a me come un umanista, ma a cui piaceva l’elettronica – ha detto Steve Jobs – poi ho letto qualcosa su uno dei miei eroi, Edwin Land di Polaroid, che parlava dell’importanza delle persone che sanno stare all’intersezione fra discipline umanistiche e scienza, e ho deciso che quello era ciò che volevo fare”.
Perché queste parole non le ha pronunciate, non le ha pensate, non le ha realizzate un imprenditore, un politico, un intellettuale italiano? In passato probabilmente sarebbe successo, gli esempi sono vastissimi. Ma il fosco declino dell’Italia prima ancora che economico è soprattutto di pensiero. Investire in cultura? Mai come negli ultimi tempi si parla di maggiori interventi per incrementare gli investimenti in questo settore nevralgico. A parole. La verità è che l’idea più diffusa è: con la cultura non si mangia. E si continua a boccheggiare anestetizzati da uno smart phone.
L’ultimo esempio? Non c’è nessuna città italiana sul podio della classifica Ue delle città più creative e culturali. Solo Milano arriva quarta tra le metropoli, mentre Firenze è quinta tra i centri urbani di taglia grande. Nessuna, invece, tra le città molto grandi e le medio-piccole. E’ quanto emerge dal nuovo indicatore della Commissione Ue, il ‘Cultural and Creative Cities Monitor’, che misura la performance delle città in termini di creatività e cultura e impatto su crescita, occupazione e sviluppo sociale. Ne risulta che, secondo l’analisi di Bruxelles, la città ‘ideale’ dovrebbe avere l’attrattività e la vita culturale di Parigi (Francia), le infrastrutture culturali di Cork (Irlanda), l’innovazione di Eindhoven, l’occupazione nei settori creativi di Umea (Svezia), il capitale umano di Leuven (Belgio), l’apertura e la tolleranza di Glasgow (Scozia), le connessioni nazionali e internazionali di Utrecht (Olanda) e la governance di Copenhagen (Danimarca).
Milano, quarta tra le metropoli, è superata da Parigi, Monaco e Praga, ed è seguita da Bruxelles. La capitale lombarda è infatti terza per vivacità culturale, ma appena ottava per un ambiente che facilita la creatività e quindi undicesima in termini di economia creativa. Firenze, invece, quinta tra le città di taglia grande, è superata da Edinburgo, Karlsruhe, Utrecht e Norimberga. Pur essendo prima per vivacità culturale, è infatti solo 19esima per l’ambiente che facilita la creatività e 21esima per l’economia creativa. Tra le città di taglia molto grande, invece, non c’è nessuna italiana (leader Copenhagen, seguita da Amsterdam, Lisbona, Stoccolma e Dublino), né tra le medio-piccole (in testa Eindhoven, poi Linz, ‘s-Hertongenbosch, Cork e Heidelberg).
Nel complesso dall’indice Ue emerge che spesso le capitali fanno peggio che città più piccole, e questo è anche il caso dell’Italia dove Milano, Bologna e Firenze si posizionano meglio di Roma che figura al top solo sul fronte dei monumenti storici. Venezia si segnala invece per la sua eccellenza su luoghi e infrastrutture culturali (in particolare al top su musei, concerti e spettacoli, monumenti), mentre Genova e Torino nell’ambito specifico dei teatri. Secondo lo studio della Commissione Ue, le città creative sono quelle che hanno resistito meglio alla crisi e in media hanno un Pil procapite di 750 euro in più per ogni punto dell’indice (periodo 2009-2013) e il 19% in più di posti di lavoro.