Nelle scorse puntate abbiamo seguito la nascita e poi la crescita dell’azienda di Bresso trainata dal successo della Grifo. L’altro modello in produzione, la Iso Rivolta GT, risentì ben presto del fermento stilistico di quegli anni ed il design di Giugiaro ben presto segnò il passo. La diretta concorrente della casa modenese Maserati al momento era la Mexico (1966-1972) e si stava affacciando sul mercato la Indy. La Ferrari di Maranello aveva a listino la 330 GT e si preparava al lancio della 365 GT 2+2 la cui linea era decisamente più ”moderna”ed in linea con i tempi.
La flessione nelle vendite indicava la necessità di un rinnovamento dei modelli che tenesse conto anche della nuova moda in termini di linea e distribuzione interna dei volumi. Rivolta affidò così nel 1969 ad un giovanissimo Marcello Gandini, che all’epoca lavorava per Bertone, lo studio della nuova GT che avrebbe dovuto condividere con la precedente il telaio, gli organi meccanici e naturalmente il propulsore. Gandini, che aveva già al suo attivo il disegno della leggendaria Lamborghini Miura, concepì un’ auto di rottura con il passato, dalle linee squadrate e compatte caratterizzate da un ampia superficie vetrata e da fari a scomparsa, una fastback quattro posti all’italiana. La presentazione ufficiale avvenne a New York nel 1969.
I mesi che portarono alla definizione della nuova GT erano così concitati che Piero Rivolta si dimenticò dell’imminente festività natalizia, così per farsi perdonare dalla moglie, le fece un regalo molto speciale, sicuramente unico: la nuova automobile di Bresso si sarebbe chiamata come lei, Lele appunto.
La Lele raccoglie immediatamente larghi consensi sia dalla stampa specializzata che dal pubblico ma l’imminente crisi petrolifera mondiale ne avrebbe pesantemente penalizzato la produzione fermandola complessivamente a 285 esemplari. La crisi petrolifera e la corsa al “downsizing” affligge le vendite della Fidia a poco meno di 200 esemplari, più precisamente 192.
La linea della nuova Iso Rivolta Lele fa leva sulle passioni profonde del suo acquirente, è un’auto che ha la presenza scenica dei capolavori, non lascia indifferente lo spettatore, ne colpisce sempre l’attenzione.
I fari sornioni, la bassa linea di cintura, il taglio obliquo del posteriore con il grande lunotto e gli interni, appositamente disegnati e realizzati per il modello, su cui spicca l’inconfondibile strumentazione a binocolo condivisa con la coeva Iso Fidia, inducono sentimenti netti, o di ammirazione o disappunto.
La Lele anticipa alcuni tra i più famosi stilemi degli anni 70, la parziale carenatura dei gruppi ottici anteriori (poi ripresa dalla Alfa Romeo Montreal), la linea squadrata e compatta che anticipa la Lamborghini Jarama, i grossi cerchi da 15” in lega di magnesio con design a doppio quadrifoglio, sono esempi di design senza tempo che diventano dei tratti inconfondibili della nuova sportiva Iso Rivolta.
La Lele costituisce quindi un modello che si colloca tra la Fidia, molto apprezzata anche da John Lennon che ne comprò addirittura due, (inizialmente denominata S4, acronimo di “quattro sportelli” forse per sottolineare la sfida con l’altra grande berlina italiana, la Maserati Quattroporte che tuttavia cominciava a risentire del gap tecnologico con la ben più moderna Fidia, le cui linee disegnate dalla Ghia le doneranno estrema longevità stilistica) e la super sportiva Grifo.
I motori sono dapprima i Chevrolet da 300 e 350 CV abbinati a cambi Borg Warner a quattro rapporti e ZF a cinque rapporti per poi passare, come già anticipato, al fiore all’occhiello della produzione Ford, il Cleveland 351 con cilindrata 5700 cc capace di sviluppare nella versione base 325 CV fino a 360 CV della versione Sport e Marlboro.
Cosa c’entra la Iso con la Marlboro? La Iso ebbe un passato di F1 (il team si chiamava Iso-Marlboro) e la Lele Marlboro, ufficialmente prodotta in soli 5 esemplari, era la portabandiera del bolide di Formula 1. Tuttavia la versione “base” e la Sport non differivano solo per la diversa taratura del propulsore ma anche per alcuni accorgimenti tesi a diminuirne il peso. Furono infatti adottati sedili in stoffa anziché in pelle, lamierati più sottili e quantità di antirombo significativamente inferiori per contenere il peso complessivo già significativamente aumentato a seguito dell’introduzione del Cleveland 351.
Delle 285 Lele prodotte solo una ridotta frazione sono ancora circolanti per strada, penalizzate da un marchio che per lunghi anni è vissuto nell’oblio e che la recente e crescente sensibilità ha di nuovo portato alla ribalta riscoprendone il valore.
La vendita dei capannoni Iso di Bresso nel 1971 alla Olivetti e il trasferimento della produzione a Varedo, sempre in provincia di Milano, segnano la seconda fase della vita della Iso Rivolta da questo momento non più in mano alla famiglia Rivolta; i nuovi stabilimenti più moderni e logisticamente meglio posizionati accolgono la produzione all’apice dello sviluppo. I tempi di crisi non tarderanno a farsi sentire e l’inadeguatezza del management orientato più alle operazioni finanziarie che a focalizzarsi sulla produzione guiderà nel 1974 al fallimento della Iso Rivolta a poco meno di 1.700 auto prodotte.
Il sogno e la lungimiranza di Renzo e Piero Rivolta non sono naufragati con la chiusura della fabbrica, vivono ancora oggi nella passione non solo dei possessori di Iso ma di tutti gli estimatori d’auto d’epoca. L’inconfondibilità e il glamour dello stile, le soluzioni tecniche d’avanguardia, l’espressione su quattro ruote dello spirito di quegli anni ruggenti, fanno di una Iso Rivolta un’auto irripetibile frutto della passione, dell’estro creativo e dell’impegno sconfinato per l’eccellenza di chi ha fermamente creduto in questo sogno, di cui oggi siamo tutti custodi per il futuro della tradizione automobilistica italiana.