La peculiarità della foglia di loto di rimanere pulita e asciutta anche dopo piogge torrenziali ha da sempre attirato la curiosità dei ricercatori, caratteristica dalle potenzialità estremamente interessanti se applicata allo sviluppo di prodotti del mondo edile come, ad esempio la realizzazione degli intonaci e delle pitture.
Siamo nel mondo della bionica, una disciplina che ricerca metodi e sistemi biologici presenti in natura e conoscenze da applicare e trasferire nello studio della moderna tecnologia.
Al microscopio, ad esempio, la superficie delle foglie di loto non appare liscia, ma con una struttura fatta di rilievi sovrapposti ad altri rilievi, questa microstruttura possiede un‘estrema idrorepellenza, che crea un effetto sorprendente: le particelle di sporco non aderiscono ai rilievi della microstruttura e quindi non sono mai completamente a contatto ed è sufficiente la tensione di una goccia di pioggia per staccare le particelle di sporco dal fondo e trascinarle via dalla superficie della foglia. La foglia a quel punto si pulisce da sola ed in modo naturale: sporco che scorre via con la pioggia.
Questo principio applicato all’edilizia ha costituito la fortuna delle società di materiali edili, in quanto la struttura delle foglie di loto è stata riprodotta e applicata per lo sviluppo di una gamma di prodotti partendo dal principio che lo sporco viene inglobato dalle gocce di pioggia e scorre via e questo vale sia per le pitture delle facciate che per la consistenza degli intonaci.
Ed è stato possibile così realizzare il miglior esempio di bionica dei nostri giorni, quale committente non apprezza una facciata che resta pulita nel tempo, proprio come sulla foglia del loto, si ottiene una speciale superficie idrorepellente micro strutturata in cui le particelle di sporco non possono più aderire alla superficie e la facciata torna pulita dopo ogni pioggia.
Lo stesso principio è stato applicato alle cosiddette “Finestre intelligenti”, le nuove smart windows autopulenti, a risparmio energetico e antiriflesso.
Ispirarsi alla natura per rendere la tecnologia sempre più performante rappresenta il concetto cloux della scienza che replica strategie vincenti di flora e fauna nei prodotti umani e di cui sicuramente il più illustre antesignano è Leonardo da Vinci.
A guidare “l’incursione” delle finestre intelligenti è stato un gruppo di ricercatori della University College di Londra: grazie ad una progettazione di”bio ispirata” gli scienziati sono riusciti a creare un finestra autopulente, ad alto risparmio energetico e antiriflesso.
Ma come ci sono riusciti? mixando nanotecnologia e rivestimenti termocromici, in cui variano le caratteristiche ottiche in funzione dell’esposizione ai raggi ultravioletti. “E’ la prima volta che una nanostruttura è stata combinata con un rivestimento termo cromico, la nanostruttura bio-ispirata amplifica la risposta ai raggi solari del rivestimento e il risultato netto è una finestra intelligente auto pulente ed altamente performante”, spiega uno degli autori dello studio.
Autopulenti in quanto attraverso l’incisione gli scienziati hanno riprodotto sulla superficie del vetro dei nanoconi che intrappolano l’aria e svolgono un effetto simile all’“effetto loto: quando la pioggia colpisce la finestra, l’acqua forma delle goccioline sferiche che rotolano facilmente sulla superficie, raccogliendo lo sporco, la polvere e altri contaminanti e portandoli via.”
E la tecnologia in uso per le vetrate delle finestre si è dimostrata utile in contesti similari, infatti durante la manifestazione National Meeting of the American Chemical Society tenutosi a Salt Lake City nel 2009, è stata divulgata una ricerca che riguarda il trattamento a cui viene sottoposta la superficie delle celle fotovoltaiche, trattamento che farebbe aumentare l’assorbimento dei raggi solari, sia intrappolando la luce nella sua struttura tridimensionale, sia grazie alla pulizia automatica della superficie che sfrutta l’azione della pioggia per allontanare polvere e sporcizia che altrimenti si accumulerebbero sulle celle.
Da qui la cella fotovoltaica acquisisce il nome di cella “superidrofobica” grazie alla caratteristica di raccogliere e far allontanare l’acqua che cade sulla sua superficie.
La rugosità della superficie viene generata attraverso micro e nano strutture, riducendo al minimo il contatto stesso tra la superficie della cella e la polvere che vi si accumula, con il risultato che quando una goccia di pioggia tocca la superficie, essa si posa in realtà sulla doppia rete rugosa e solo il 3% giunge a contatto con essa. La combinazione di una superficie autopulente e ad alto assorbimento luminoso amplifica l’efficienza della cella di silicio colpita dalla radiazione solare.
“Maggiore è la luce solare che raggiunge le celle, minore è la riflessione e più alta sarà l’efficienza”, come spiega il Prof. C.P. Wong, docente presso la Tech’s School of Materials Science and Engineering della Georgia e “le simulazioni condotte indicano la possibilità di aumentare l’efficienza finale delle celle fino al 2% grazie a questa particolare struttura della superficie”.
Un risultato che aprirebbe la strada allo sfruttamento dell’energia solare in zone con condizioni ambientali sfavorevoli e lontane da fonti convenzionali di energia che rendono difficile la permanenza dell’uomo, come per esempio i deserti, dove proprio la pulizia delle celle fotovoltaiche sarebbe un problema, ma dove la rugiada notturna potrebbe fornire abbastanza umidità da tenere pulito il sistema.
Come succede spesso per questo tipo di tecnologie d’avanguardia, l’ostacolo principale è insito nella “riproduzione” a basso costo e nella sua durata e redditività.
In conclusione non può mancare una parentesi sulle possibilità offerte dalle foglie di loto al mondo dell’economia domestica, con la creazione, da parte di uno studio di design svedesi, di piatti in grado di auto-pulirsi. Una soluzione alternativa all’uso di spugne, sapone e lavastoviglie che sfrutta come modello le proprietà delle foglie di loto con il risultato di ottenere un rivestimento, costituito da una cera disciolta ad elevata pressione e temperatura e in grado di respingere acqua, olio e sporco.“ Dopo aver mangiato, spiega Hanna Billqvist uno dei designer, basterà semplicemente inclinare il piatto sul bidone della spazzatura” e oltre a risparmiare tempo per le faccende domestiche, i piatti autopulenti avranno anche una valenza ambientale in quanto lavare le stoviglie vuol dire anche utilizzare migliaia di litri d’acqua l’anno e una notevole di sapone ed energia per riscaldare l’acqua.