Una gara che vede la partecipazione di nomi noti dello sport e quella di tanti (allenatissimi) amanti della montagna, sfidarsi tra salite e pendii per 17,5 chilometri.
Il percorso della Maratona delle Tre Cime parte dal centro del paese passando poi dalla Val Fiscalina, dove superato il rifugio Fondovalle (che si trova a metà tracciato) occorre dirigersi verso il rifugio Comici e da qui a quello di Pian di Cengia. La discesa (e che discesa) porta invece a passare sopra i laghi dei Piani, per giungere al traguardo posto presso il rifugio Locatelli, ai piedi delle Tre Cime di Lavaredo. Qui quando la luminosità cambia tingendosi di rosa o d’argento la gente di montagna sa che è ora di cessare le proprie attività. E decretato il vincitore, l’intrattenimento continua con la ricchissima convivialità enogastronomica locale che fa seguito alla manifestazione sportiva.
Tutto intorno, sul calar della sera, le Dolomiti che con le loro peculiarità costituiscono l’archetipo di un particolare modello di paesaggio montano, uno dei più caratteristici al mondo per la topografia assai articolata e la straordinaria varietà di colorazioni. Il contrasto di sfumature cromatiche e di forme estremamente accentuate sia in verticale che in orizzontale, ne connotano la singolarità.
Pareti perpendicolari di roccia nuda e chiara si elevano verticalmente partendo da imponenti basamenti detritici, a loro volta fermi su formazioni dolci e ondulate coperte da pascoli e da boschi. Orizzontalmente i paesaggi dolomitici, tra formazioni di scogliera ed eruttive, tratteggiano in modo definito tanti, diversi effetti di chiaro-scuro.
La documentazione stratigrafica è davvero straordinaria per l’elevata quantità di sedimentazione dove le correlazioni tra le rocce carbonatiche e quelle eruttive costituiscono il terreno alpino.
Le Dolomiti sono formate essenzialmente di dolomia, una roccia calcarea e magnesiaca, relativamente tenace che fa parte di grandi blocchi (in origine scogliere e isole coralline di mari mesozoici tropicali) arenatisi alle estremità di dorsali montuose formate da rocce più friabili.
Il riconoscimento dell’Unesco, arrivato nel 2009, rappresenta in primo luogo l’affermazione dell’unicità degli aspetti geologici e paesaggistici delle Dolomiti, oltre ad essere la prestigiosa conferma che queste peculiarità sono state, nel tempo, adeguatamente conservate e protette. Il riconoscimento è inoltre un grande stimolo per approfondire i temi della montagna (specificità culturale, paesaggio, patrimonio naturale e sviluppo sostenibile), con una accresciuta consapevolezza riguardo alla responsabilità di amministrare e garantire la durata di questi beni universali nel presente e nel futuro.
Le Dolomiti vengono chiamate anche “Monti Pallidi” per le loro sfumature chiare che al tramonto si accendono di un colore rosso rosato. Il fenomeno è quello dell’enrosadira che può manifestarsi in modo diverso nei vari periodi dell’anno variando, talvolta, addirittura da un giorno all’altro.
Le differenti tonalità e la durata dell’enrosadira sono dovute alla posizione del sole durante l’anno e alle condizioni dell’atmosfera. Un fenomeno che si manifesta sull’intero arco dolomitico quando, sul fare del giorno, l’enrosadira appare sulle crode rivolte ad est, mentre al tramonto sono le pareti rivolte ad ovest a colorarsi magicamente.
Questo spettacolo è legato alla leggenda di Re Laurino e del suo giardino delle rose dove la bella figlia del sovrano, la principessa Ladina, fu rapita da Re Latemar. Il padre ne fu talmente addolorato che morì poco dopo, ma prima d’andarsene il monarca non mancò di maledire le rose che con il loro colore acceso avevano richiamato l’attenzione del nemico rivelando con esattezza la posizione del suo regno. Così, dopo aver ordinato alle rose di non fiorire mai più (né di giorno né di notte) spirò, ma l’anatema del sovrano non fu esteso all’alba o al tramonto, che ne furono preservati.
Da allora le pareti del Catinaccio al sorgere del sole e al crepuscolo si tingono di rosa, una luce così suggestiva che riesce ogni volta ad incantare coloro che ne sono i fortunati spettatori.
Ma di fronte a tanta bellezza si aprono diverse riflessioni, alcune delle quali sui i crolli o su quello che le guide alpine chiamano il fenomeno dello sgretolamento di parti di roccia dolomitica.
“Ricordiamoci che la natura vergine, come l’ha fatta Dio, sta diventando un’autentica ricchezza –scriveva Dino Buzzati -. Di tale ricchezza le Dolomiti sono una miniera prodigiosa che il mondo sempre più ci invidierà. Ma se la si sfrutta ciecamente, per smania di pompare soldi, un bel giorno non ne resterà una briciola. Ci saranno ancora le montagne, ma deturpate, involgarite, instupidite, ridotte a mucchi di pietra senza senso”.
Un monito che potrebbe fare il paio con quello del leggendario Re Laurino, a meno che di queste splendide montagne non si voglia davvero seguitare, sempre più e sempre meglio, a prendersi cura salvaguardando un ecosistema bellissimo quanto fragile.