S’intitola “Kandinskij-Cage: Musica e Spirituale nell’arte” la mostra aperta da ieri, 11 novembre, e realizzata tenendo conto delle sinestesie proprie della sensibilità artistica di Kandinskij e Cage, che con luci, sfumature, colori e note hanno cantato la vita.
ll percorso espositivo parte dai bozzetti delle opere di Richard Wagner (dell’Archivio Ricordi di Milano), dalla “Fantasia di Brahms” di Max Klinger e da una serie di Lubok. A seguire, poi, una cinquantina di opere del maestro russo tra dipinti, acquerelli e grafiche, provenienti da musei e collezioni private, tra le quali spiccano quelle ad ispirazione musicale, come gli acquerelli realizzati per gli spettacoli teatrali “Violett” del Centro Pompidou di Parigi ed i “Quadri da un’esposizione” creati sulla musica di Musorgskij (della collezione universitaria del Castello di Wahn a Colonia).
Come ha spiegato la curatrice della rassegna, Martina Mazzotta: “A partire dalla fine dell’Ottocento, fino ai giorni nostri si può individuare un filo rosso che pone la musica in connessione con gli sviluppi dell’arte moderna e contemporanea. Non vi è artista che non si sia confrontato, con l’immaterialità dell’arte-sorella, con la sua sovrana indipendenza dal mondo del visibile e dalle finalità riproduttive. Negli anni a cavallo tra il XIX e il XX secolo, soprattutto in ambito germanico, il culto di Goethe, il wagnerismo, le indagini in campo filosofico e scientifico riflettono l’esigenza di una aspirazione all’armonia dell’individuo con il tutto, di una spiritualizzazione del lavoro artistico che produce un forte impatto sulle arti figurative, favorendo il ricorso al modello della musica”.
John Cage è stato un compositore e teorico musicale statunitense tra i più importanti del Novecento. Musicista, filosofo e poeta, è riuscito a trovare un saldo tramite con le sinestesie e la spiritualità di Kandinsky, il pittore russo che dopo aver compiuto gli studi universitari in Giurisprudenza, decise di dedicarsi esclusivamente alla pittura.
Sin dalla giovinezza Kandinskij si interessò alla musica, giungendo a suonare il violoncello ed il pianoforte, mentre disegno e pennelli fino ad allora non rappresentarono per lui nient’altro che un passatempo.
Nel 1895 però l’incontro con la pittura impressionista, quella di Claude Monet in particolare, ravvivò nel suo animo l’interesse per le arti figurative, che restò tuttavia legato all’ispirazione musicale, con un’attenzione particolare al Lohengrin di Wagner. Il sottofondo di una musica pervasiva come quella wagneriana e l’immagine impressa nel cuore della sua città Mosca furono una costante ispirazione dell’arte di Kandinskij.
“Senza che me ne rendessi bene conto – scrisse qualche anno più tardi egli stesso – era screditato ai miei occhi l’oggetto come elemento indispensabile del quadro. Complessivamente ebbi l’impressione che una piccola parte della mia Mosca fiabesca esistesse già sulla tela. Il Lohengrin mi parve invece una perfetta realizzazione di questa Mosca. I violini, i bassi gravi e particolarmente gli strumenti a fiato incarnarono allora per me tutta la forza di quell’ora di prima sera. Vidi nella mente tutti i miei colori, erano davanti ai miei occhi; linee tumultuose, quasi folli si disegnavano davanti a me”. La città in cui nacque e crebbe influenzò Kandinskij in modo determinante il suo essere artista, Mosca rappresentò per lui una perfetta fusione tra suono e colore, un ideale quanto imprescindibile filo rosso che tenne insieme ogni passaggio della sua vita.
Il pittore lasciò la Russia nel 1896 per andare a Monaco di Baviera dove trovò il giusto humus per sviluppare le proprie aspirazioni artistiche. Da allora tutto il suo percorso creativo fu caratterizzato da una costante tensione volta a superare il linguaggio tradizionale della pittura, per lasciare spazio ad una sorta di composizione musicale, una sinfonia di colori come egli stesso la definì in più occasioni. “Già molto presto mi resi conto dell’inaudita forza di espressione del colore. Ma invidiavo i musicisti, che possono fare arte senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore mi pareva, in ogni caso, realistico quanto il suono”.
Nel 1910 Kandinskij iniziò a lavorare alla sua opera teorica più articolata “Dello spirituale nell’arte”, in cui mise tutta la complessità del suo progetto artistico. Egli volle dimostrare il primato della musica sulle altre arti, poiché “proprio i musicisti possono fare arte senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico”. Ed è la musica ad ispirare e a portare sulle tele le sensazioni, le emozioni, i profumi e tutti i colori del mondo.
Quella musica che sembra prendere per mano e accompagnare ciascun visitatore della mostra conducendolo alla piena comprensione di ogni tela.
L’esposizione, che resterà aperta fino al 25 febbraio 2018, è promossa, tra gli altri, dalla Fondazione Palazzo Magnani e Skira Editore con la partecipazione del Mibact, del Comune di Reggio Emilia, Regione Emilia Romagna, Provincia di Reggio Emilia.