A Milano, dal 17 ottobre 2017 al 18 febbraio 2018, Palazzo Reale celebra Henri de Toulouse-Lautrec (1864-1901) con una grande mostra monografica che ne evidenzia l’intero percorso artistico e i tratti di straordinaria modernità. Il progetto espositivo, articolato in sezioni tematiche, conduce il visitatore a comprendere il fascino e l’importanza artistica del pittore bohémien che, senza aderire mai a una scuola, seppe costruire un nuovo e provocatorio realismo, sintesi estrema di forma, colore e movimento.
Lautrec giovanissimo aristocratico si trasferisce a Parigi, lasciando la famiglia nel sud della Francia (Albi), già consapevole che, a causa della sua fragilità corporea e di una duplice frattura alle gambe, non avrebbe potuto svolgere un lavoro impegnativo.
Al riguardo, Henry van de Velde, esponente dell’Art Noveau, ci offre questo ritratto di Henri: “In tutto il mondo si conoscono le fotografie di quest’ometto deforme. Soltanto la testa e il tronco erano di proporzioni normali. La testa sembrava avvitata sopra le spalle molto cascanti. La barba lunga e nera faceva l’effetto d’uno strano ornamento. Gambe e braccia erano quelle di un bambino di sei anni. Ma in questo corpo deforme c’era una forza vitale enorme, quasi superata dallo spirito di Lautrec. Le sue risposte pronte – simili a quelle di un clown maligno – erano sconcertanti. La bocca di una animalesca sensualità, il modo di esprimersi ora incontrollato, ora estremamente arguto, ora del tutto anticonvenzionale…”
Lautrec, apparentemente non curante della propria fisicità, circondato da pittori, poeti ed artisti, s’inserisce nella vita mondana della capitale, frequentando assiduamente i celebri Moulin Rouge, Divan Japonais, Folies Bergère. Inizia così a narrare storie vissute o osservate nell’affascinante quartiere di Montmartre con i suoi cabaret, le ballerine di can can, i borghesi goderecci, il popolo notturno, i circhi, creando un forte legame tra arte e vita, divenendo lui stesso espressione della società decadente dl suo tempo.
Lautrec è un autentico postimpressionista che deve molto a Degas, tanto da riprenderne nella struttura il taglio fotografico. Osservò con attenzione le stampe giapponesi per giungere ad un disegno fortemente stilizzato, all’uso di ampie stesure cromatiche e marcate silhouettes. La sua pittura non rivela particolare interesse per il paesaggio e per la luce, mentre esprime un fascino fortissimo per la figura umana verso cui rafforza lo studio psicologico, l’osservazione delle caratteristiche e delle gestualità, valorizzati da giustapposizioni di colore.
Alquanto significativa fu l’attività di Lautrec anche nell’ambito del manifesto, importante per il diffondersi della comunicazione pubblicitaria, e dell’illustrazione. Egli inizia a produrre affiche verso il 1890, con uno stile personale ed elegante, sinuoso, che richiama le contemporanee forme dell’Art Nouveau, contribuendo a fondare quello che fu chiamato il “movimento del manifesto”. Nei suoi manifesti, che conquistarono il pubblico (che li collezionò), si percepisce sensibilità creativa, cattura del movimento e rifiuto del punto di vista statico. L’opera di Lautrec, grazie ai soggetti (in prevalenza figure femminili anche se, tra i suoi manifesti più conosciuti troviamo quello raffigurante l’attore di cabaret Aristide Bruant, fondatore del Mirliton), alla tecnica molto personale ed ai contatti con la società parigina, sarà fondamentale per il legame arte-pubblicità e tra quest’ultima e la società.
Dal 1895 fino al 1901, anno in cui muore trentasettenne come altri artisti di notevole valore (ad esempio Raffaello, Parmigianino, Van Gogh), egli esaurisce la sua profonda vena artistica, mantenendo comunque collaborazioni con riviste e continuando ad essere un insostituibile protagonista della Belle Epoque e non solo.