Il Giubileo della Misericordia è incominciato da pochi giorni con il suo carico di aspettative ed ansie che provengono dai recenti fatti di terrorismo che hanno accompagnato la nostra società.
Le popolazioni hanno riscoperto, appunto, delle nuove ansie e questo Giubileo della misericordia, tanto voluto da papa Francesco, ci ricorda invece il bisogno di aprirci al mondo, di aprire la porta dell’amore e della conoscenza.
In sintonia con il messaggio del Pontefice vogliamo raccontare a tutti i pellegrini che verranno a Roma, ma anche a coloro che non credono, una Roma nascosta, quasi semisconosciuta ai più.
Nel bel mezzo dell’Appia Antica, all’altezza del quarto miglio e a qualche centinaia di metri dal complesso di Cecilia Metella, nel mentre ci si incammina in una spettacolare passeggiata a cielo aperto, vi è, quasi nascosto dalla presenza delle innumerevoli ville che fanno da contorno, ambo i lati, la via più famosa dei romani, il complesso archeologico di “Capo di Bove”.
Anche chi vive nella città eterna e che frequenta periodicamente il tratto archeologico della regina viarum, il nome con cui era conosciuta dai romani, difficilmente si accorge dell’esistenza di una struttura archeologica come questa.
In parte è dovuto anche al fatto che la villa, e tutta l’area, che sovrasta il complesso archeologico di “Capo di Bove” è stata acquistata “solo” nel gennaio del 2002 dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, su proposta della Soprintendenza Speciale per il Colosseo esercitando il diritto di prelazione che era in essere.
La rilevanza storica del sito era già nota agli archeologi grazie alla presenza di strutture murarie antiche e dalla presenza di importanti mosaici. Si tratta di un’area verde di circa mq 8500 comprendente un edificio principale su tre livelli e uno secondario con l’originaria funzione di dépendance della villa.
Nei due anni che seguirono all’acquisto sono state condotte delle campagna di scavo che hanno permesso di rinvenire un complesso termale la cui prima fase costruttiva è attestata alla metà del II secolo d.C. Gli scavi hanno permesso di indentificare la presenza di fasi edilizie successive che documentano la frequentazione dell’impianto e contemporaneamente la trasformazione di parte del sito ad uso agricolo.
Relativamente all’impianto termale, si immagina possa essere il bagno di un collegium o di una qualche corporazione associativa con finalità cultuali o funerarie che aveva interessi nella zona.
Un’altra ipotesi rimanda alla possibilità che l’impianto fosse di pertinenza dei vasti possedimenti che Erode Attico e Annia Regilla avevano nella zona proprio nella metà del II secolo d.C.
Attualmente, dopo diversi lavori di ristrutturazione, il giardino della villa è stato ridisegnato completamente, caratterizzandolo con l’impianto di diverse essenze arboree); è stato creato un punto di accoglienza per i visitatori e, infine, è stata messa a norma l’edificio principale.
Quest’ultimo, costruito sopra una cisterna romana, e noto dal Catasto Gregoriano (1816-1835) come “casa ad uso della vigna”, è stato trasformato nel secondo dopoguerra ed oggi si presenta con una caratteristica cortina muraria esterna che fa uso di materiali antichi, molti dei quali probabilmente recuperati dai monumenti romani che fiancheggiavano l’Appia.
La struttura ospita gli uffici della Soprintendenza, una sala conferenze e l’archivio dello scrittore/politico Antonio Cederna, donato dagli eredi allo stato; Cederna, scrittore e giornalista, nonché politico, dedicò parte della propria esistenza alla tutela dell’Appia Antica divenendo, negli ultimi anni della propria vita, presidente del consorzio “Parco dell’Appia Antica”.
Insomma, un posto magico dove si intrecciano mondi antichi con la storia del recente passato, il tutto dentro una location, tutto sommato, ancora incontaminata nonostante i barbari tentativi di deturparla. Romanticamente la regina viarum è protagonista del passato, del presente e del futuro della città eterna.