Proviamo a tornare, più pacatamente, sulla questione del Nobel a Bob Dylan che da noi ha suscitato una discussione rovente, quasi una rissa da stadio. Bob Dylan c’entra o non c’entra con la letteratura?
Canzone e poesia sono codici diversi. Infatti quando De André ha voluto mettere in musica Spoon river ha dovuto riscriverlo. Però è anche vero che Christopher Ricks, studioso di Milton ed Eliot, ha definito Dylan “uno dei più grandi creatori di rime della lingua inglese”. A Ginsberg, che lo adorava, la rima/assonanza “skull” e “Capitol”, teschio e Campidoglio, da “Idiot Wind”, parve una immagine abbagliante dell’America del Watergate. E “Boots of Spanish Leather” è inclusa in una delle più importanti antologie di poesia americana. Probabilmente Dylan, grande artista della parola orale, erede dei bardi medievali (Rushdie), è dentro e fuori la letteratura. Magari sarebbe stato più giusto un Nobel per la performance o per la voce. Però in un mondo in cui tutto cambia, vertiginosamente, è singolare che non si voglia mettere in discussione l’idea di letteratura. E se non fosse legata esclusivamente alla parola scritta? Tanto più che l’origine della poesia, nell’antica Greci, è orfica: nasce dalla voce e dal canto. Infine: chi ha detto perentoriamente che Dylan non c’entra con la letteratura è proprio sicuro che lui c’entri? Davvero basta pubblicare un libro per sentirsene appartenenti? Meditate, gente,meditate.