Il famoso traduttore on line fornito agli utenti da google ancora non contempla la lingua sarda: grave carenza purtroppo. Anche perché i dizionari sardo italiano sono ormai numerosissimi.
In effetti il luogo comune più diffuso è che il Sardo sia un dialetto. Ma nessun linguista o intellettuale rigoroso e serio ritiene che il Sardo sia un dialetto: dal massimo studioso Max Leopold Wagner (che scriverà una monumentale opera dal titolo inequivocabile: La lingua sarda. Storia, spirito e forma) a Gramsci.
E oggi è lo stesso Stato italiano a riconoscere al Sardo lo status di Lingua: nella Legge del 15 dicembre 1999, n.482 concernente “Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”. Il Sardo è una lingua con proprie strutture sintattiche e grammaticali, espressioni foniche e semantiche, peculiari, autonome e distinte da tutte le altre lingue neolatine, ad iniziare dall’italiano, rispetto al quale nasce 400 anni prima.
Ciò premesso occorre anche aggiungere che la linguistica moderna, scientifica, non distingue né fa differenze tra ciò che comunemente si chiama lingua da ciò che si chiama dialetto. Ciò che rende differente ciò che noi chiamiamo lingua da quello che chiamiamo dialetto non è qualcosa di insito nel sistema linguistico ma l’uso e l’importanza sociale dello stesso. In altre parole fra lingua e dialetto non ci sono differenze culturali ma politiche e giuridiche.
Per cui sommariamente potremmo affermare che la lingua è un dialetto che nella storia “vince” politicamente: così è stato per l’Attico di Atene in Grecia; per il castigliano di Madrid in Spagna; per il francese che da “dialetto” di Parigi, in seguito alla supremazia della città, è stato adottato come idioma di tutto lo stato francese; per lo stesso italiano che da “dialetto” di Firenze, diviene idioma comune a tutta la penisola per il prestigio culturale degli scrittori fiorentini.
In questo caso il riconoscimento arriva dalla più autorevole istituzione culturale. Si è sostenuto, infatti, il primo esame orale in Italia interamente in “limba”. Ad entrare nella storia sono stati due ragazzi, Elisa Palmas, di Segariu (Sud Sardegna), e Antonio Cordella, di Busachi (Oristano), iscritti in Studi umanistici, corso di Lettere dell’Università di Cagliari. Emozionati, ma spigliati: nessuna difficoltà o incertezza e piena padronanza della lingua.
Anche il professore sembrava soddisfatto. Parole importanti: è infatti la prima volta che un ateneo tiene un corso di Lingua sarda (cosa ben diversa dalla Linguistica sarda, disciplina insegnata nelle due università della Sardegna dalla fine degli anni Sessanta).
Da tempo invece in altri Paesi europei, soprattutto in Germania, si tengono corsi per l’apprendimento del sardo. Il corso è stato tenuto dal professor Maurizio Virdis, ha avuto una durata di 60 ore e consente l’acquisizione di 12 crediti formativi validi per la carriera dello studente.
“Importante e basilare – si legge nel programma – è la conoscenza e la capacità di leggere, tradurre e analizzare criticamente i testi presentati a lezione e di inquadrarli storicamente; nonché la capacità di saper sostenere una conversazione in lingua sarda su argomenti non specialistici, ma comunque relativi alla cultura della Sardegna”.
Il programma dell’insegnamento, che si avvale anche di specifici lettori – presenti durante l’esame, che hanno affiancato il docente durante il corso – ha affrontato la lingua sarda da un punto di vista storico, per poi studiare le prime scritture sarde nel Medioevo e le scritture letterarie, ampiamente intese, nella modernità e nella contemporaneità, con particolare riguardo ai problemi grammaticali e lessicali.
E’ stata quindi analizzata la tipologia e comparazione della lingua sarda con le lingue neolatine, la sua variazione diatopica e il sostrato preromano. Infine docenti e studenti hanno approfondito le strutture fonetiche, morfologiche e sintattiche della lingua: il tutto finalizzato alla comprensione scritta e orale e alla elaborazione di testi scritti e orali in lingua sarda.