La fotografia è parte integrante della nostra giornata attraverso l’uso diversificato che se ne fa con i social. Ognuno, oggi, è un fotoreporter con il proprio smartphone, tanto è potente il mezzo fotografico. Da questo week end, a Venezia, presso la Casa dei Tre Oci, è possibile gustarsi una mostra sul fotogiornalismo, quello di Werner Bischof.
La rassegna, dal titolo “Werner Bischof. Fotografie 1934-1954”, è dedicato ad uno dei fondatori della più importante agenzia fotografica del 900, la Magnum. Per circa cinque mesi sarà possibile visitarla, un appuntamento per coloro che amano la fotografia senza se e senza ma.
La mostra è stata curata dal figlio del fotografo, Marco, che, assieme alla Fondazione di Venezia e da Civita Tre Venezie, ed in collaborazione con la Magnum Photos, ha riacceso i fari su uno dei passaggi più importanti della fotografia d’informazione.
Vi sono, infatti, più di 250 opere provenienti dalle trasferte giornalistiche del fotografico nei vari reportage nel mondo. Dal Perù alla Cina. Da Panama alla Corea, passando per Giappone e Stai Uniti, nei posti dove si sono consumati i fatti di cronaca più famosi, Werner Bischof era lì a cogliere, con il proprio scatto, l’attimo più prossimo alla verità. La sofferenza umana nelle sue più disparate sfaccettature ha colpito la sua attenzione. Un periodo d’oro, quello in cui ha lavorato il fotografo svizzero, dove vi furono grandi cambiamenti sociali, soprattutto nell’occidente del mondo, che regalarono a Bischof, come a tanti altri maestri dello scatto, la migliore condizione possibile dove poter sprigionare la propria arte. E proprio in uno dei suoi viaggi, (nel tanto desiderato continente americano) alla ricerca di un’umanità perduta, perse la vita in un incidente stradale (era il 1954) nelle Ande peruviane; ed, ironia della sorte, proprio al Perù è legata uno delle sue più celebri fotografie, quella del ragazzo che cammina suonando il flauto.
In questa mostra, è possibile vedere, anche, una ventina di scatti in bianco e nero dell’artista che si riferiscono al neorealismo italiano. Una particolare attenzione della rassegna è riservata al periodo artistico di Bischof dedicato al paesaggio e alle fotografie della natura morta. Un artista a tutto tondo che spaziava tra realtà e situazioni diverse, ma sempre con il minimo comune denominatore che era quello di raccontare la vita nei suoi particolari più reconditi seppur, a volte, piuttosto cruenti. Sempre nel segno di raccontare la vita e la verità. Insomma, l’aspetto sociale è sempre stato predominante nel pensiero del fotografo, nonostante ebbe fortuna anche, e soprattutto, con scatti patinati o come quelli di massa dedicati alle Olimpiadi Invernali di Sainkt Moritz del 1948.