Insegni da oltre dieci anni (mi dici quanti di preciso?) letteratura italiana e letteratura comparata all’University College di Londra. Puoi dirci che tipo di studenti hai e se sono in crescita? Prevalentemente inglesi e di famiglia inglese o figli di immigrati italiani alla ricerca delle radici? Qual è la loro motivazione nel voler apprendere la nostra lingua e letteratura? Li interessa più l’arte italiana? Le nostre città d’arte? Vogliono venire a vivere in Italia?
Le università britanniche hanno subito profonde trasformazioni dal 2004 a oggi, sia nella loro identità che nei loro obiettivi. Quando ho cominciato a insegnare a UCL, le tasse universitarie annuali non superavano le mille sterline; oggi, quasi dappertutto, sono nove volte tanto. Ciò ha avuto effetti tangibili: i miei primi corsi di letteratura italiana si svolgevano in aule ad anfiteatro, con gruppi di settanta e più studenti. Tra di loro c’erano italiani di seconda generazione in cerca delle proprie radici, ma anche studenti brillanti dell’Europa centro-orientale, desiderosi di stabilirsi a Londra e con un talento straordinario per le lingue. Dieci anni più tardi le matricole di Italiano sono meno numerose, ma le aspettative sono cresciute. L’insegnamento si svolge per lo più in seminari di pochi studenti, in cui si fa ampio uso di innovative risorse elettroniche. Le motivazioni degli studenti sono cambiate: chi sceglie di studiare Italian Studies, oggi, tende ad avere le idee molto chiare sulla propria carriera futura, o almeno sulle proprie aspettative, ed è desideroso di eccellere ad ogni livello. UCL recluta alcuni dei migliori studenti della Gran Bretagna, insieme ad Oxford e Cambridge; e i nostri innovativi programmi interdisciplinari, come Letterature Comparate, attirano studenti eccellenti da ogni parte del mondo. Il fascino della letteratura e della cultura italiana è rimasto inalterato, ma la conoscenza della lingua italiana non può più essere data per scontata: in gran Bretagna sono poche le scuole in cui si insegna ancora la lingua italiana, e molti dei nostri migliori studenti imparano l’italiano da zero nei primi due anni di studi universitari. Il nostro corso di studi prevede un anno all’estero; l’opportunità di vivere per un periodo lungo in Italia è senz’altro un forte incentivo per i futuri studenti. Quanto al desiderio di vivere in Italia dopo gli studi, sono certo che prima o poi molti di loro lo nutrano, ma sappiamo, ahimè, che le opportunità di lavoro per un laureato straniero sono poche.
Quali sono gli autori italiani che li appassionano di più e perché? I classici, come ad esempio Dante e Boccaccio (o Machiavelli, Old Nic…) o i contemporanei, da Calvino ad Ammaniti, da Primo Levi ad Eco e Camilleri? Li interessa più la letteratura o il cinema italiano?
Molte delle nostre matricole si avvicinano alla lingua italiana per la prima volta. Questo ovviamente condiziona il nostro insegnamento della letteratura. I grandi classici, da Dante a Tasso, disponibili in ottime traduzioni, continuano ad essere molto popolari tra gli studenti, anche negli studi post-laurea. UCL possiede uno dei più grandi dipartimenti di Italian Studies della Gran Bretagna, e riusciamo ad offrire corsi specialistici per ogni epoca della cultura e della letteratura italiana: privilegio raro per gli italianisti stranieri. Gli esperti di letteratura moderna e contemporanea, come me, sono invece condizionati da ciò che è disponibile in traduzione inglese. Esistono tanti eccellenti traduttori, ma anche lacune sorprendenti, e alcuni grandi classici moderni come Landolfi, Volponi o Manganelli sono tradotti solo in minima parte. Questo pone non poche sfide, non solo agli italianisti ma anche agli studiosi di letterature comparate come me, che aspirerebbero a vedere la letteratura italiana adeguatamente rappresentata nei canoni in continua trasformazione della letteratura mondiale. Il cinema italiano attira molti studenti, in numero crescente, e forse anche piu’ della letteratura. Ma potrebbe essere soltanto una fase.
Hai notato l’espansione della comunità di italiani a Londra (oltre 500.000, più dell’intera Bologna!)? In che misura incide sui dipartimenti di italianistica?
Nel centro di Londra, ormai, è quasi impossibile salire su un autobus e non imbattersi in un italiano. Non so se il numero crescente di Italiani residenti in Gran Bretagna alimenti i dipartimenti di italianistica; sicuramente alimenta la vita culturale britannica, anche perché fra gli italiani espatriati molti esercitano professioni “creative” – a tutti i livelli. Portare l’italianistica fuori dall’Università è una delle sfide che mi propongo. E’ questo l’obiettivo di un vasto progetto di ricerca, dal titolo “Interdisciplinary Italy”, che, insieme alle colleghe Clodagh Brook, Giuliana Pieri e Emanuela Patti, coordino dal 2012. Tale progetto mira a mettere in contatto gli italianisti accademici con tutti quegli artisti, designer, musicologi, storici dell’arte, curatori di musei che, da vicino o da lontano, arricchiscono la cultura italiana.