Bene ha fatto il ministro dei Beni Culturali Franceschini a enfatizzare il record di presenze nei musei per il 2016 – 43 milioni di visite e incassi per 155 milioni di euro: “il miglior risultato di sempre”. Un dato che giustamente ci inorgoglisce, contro qualsiasi tendenza all’autodenigrazione dei nostri connazionali, ma che si presta a un ragionamento sulla “modernità” del nostro paese. Da una parte è giusto valorizzare una affluenza davvero straordinaria – promossa oltretutto da iniziative importanti come le domeniche gratuite – e in controtendenza rispetto all’Europa. I tre luoghi della cultura più visitati nel 2015 sono stati il Colosseo (6.551.046 visitatori, +6% rispetto al 2014, pari a +369.344 ingressi), gli Scavi di Pompei (2.934.010, +12% pari a +312.207 ingressi) e gli Uffizi (1.971.596, +2% pari a +35.678 ingressi), e dunque le prime tre regioni Lazio, Campania e Toscana. Tra i luoghi gratuiti della cultura primeggia il Pantheon. Restiamo la patria dell’umanesimo e del Grand Tour, dove le radici profonde della stessa civiltà europea – cristianesimo e antichità classica – si riannodano saldamente entro l’immaginario collettivo. Dall’altra però l’Italia è quasi agli ultimi posti in Europa dal punto di vista della raccolta differenziata dei rifiuti (nonostante una significativa rimonta, più recentemente) e soprattutto dal punto di vista della lettura di libri e giornali ( i lettori “forti”, che leggono almeno 12 libri all’anno stanno intorno al 6%!). L’interesse per la cultura, dimostrato anche dalla grande partecipazione a festival di libri e manifestazioni letterarie, e la consapevolezza della propria storia, non si traducono immediatamente in crescita e maturazione civile. Come mai? Il fatto è che la nostra tradizione privilegia una cultura retorica, cortigiana, aulica, separata dalla vita reale. I milioni di visitatori – e non sappiamo quanta parte di essi sia italiana – stentano così a trasformarsi in cittadini responsabili, consapevoli e rispettosi delle regole. Il Colosseo è bello, ma è “bello” anche vedere una fila ordinata e un parco pubblico tenuto pulito! Dunque, benissimo promuovere i musei e i siti archeologici ma per riavvicinare davvero la cultura alla società, ai comportamenti concreti, alla vita quotidiana, bisogna passare per la educazione capillare in una “buona” scuola.