La Corte dei Conti, nella relazione sui “Rapporti Finanziari con l’UE”, sottolinea che l’Italia continua a dare all’Unione europea più di quanto riceva. Nel 2014 il disavanzo per il nostro Paese fra versamenti effettuali e accrediti ricevuti è salito a 5,4 miliardi di euro a fonte dei 4,9 miliardi del 2013. Nonostante “la riduzione dell’apporto italiano al finanziamento del bilancio dell’Unione (-7,5%), si assiste al peggioramento della posizione di contribuente netto dell’Italia a causa della notevole flessione degli accrediti ricevuti dall’Ue (-15,1%)”. In particolare l’Italia, osserva la Corte dei Conti, “ha dovuto, altresì, continuare a farsi carico di una quota dei rimborsi al Regno Unito per la correzione dei suoi squilibri di bilancio (circa 1,2 miliardi di euro nel 2014, con un incremento di circa il 29% rispetto all’anno precedente)”. Resta grave “il fenomeno delle irregolarità e delle frodi” sull’uso dei fondi europei e, secondo la magistratura contabile, “desta allarme”. “L’illecita distrazione dei fondi concessi, danneggia le finalità specifiche delle sovvenzioni, che attengono alla riqualificazione professionale dei lavoratori e allo sviluppo delle attività imprenditoriali”. Nell’anno 2014 la “spesa irregolare” è per il 65,8% su fondi strutturali, il 33,3% politica agricola, per lo 0,9% la pesca. Concerne per il 59% le Regioni e per il 41% le Amministrazioni nazionali. In generale, rileva la Corte dei conti, “il sistema dei controlli in Italia, è risultato efficace anche in raffronto a quanto avviene in altri Paesi membri dell’Unione. Tuttavia, una valutazione comparativa del fenomeno delle irregolarità in sede europea postulerebbe la previa armonizzazione dei sistemi di controllo”. L’analisi della Corte dei Conti ha evidenziato, inoltre, che, per far fronte ai ritardi nell’utilizzo dei fondi UE ed evitare perdita di risorse comunitarie, le Autorità italiane, d’intesa con la Commissione europea, hanno ridotto la quota di cofinanziamento nazionale, attraverso le riprogrammazioni definite nell’ambito del Piano di Azione Coesione. In tal modo, spiega la magistratura contabile, “ferme restando le risorse comunitarie attribuite, si è ridotto l’ammontare delle spese da certificare e il correlato rischio di disimpegno automatico per gli interventi maggiormente in ritardo. Sono stati trasferiti a favore degli interventi ricompresi nel Piano di Azione Coesione oltre 13 miliardi di euro, con una riduzione quasi interamente applicata all’Obiettivo Convergenza, beneficiario degli stanziamenti più importanti destinati a quattro Regioni del Mezzogiorno. Anche a seguito di tali interventi, l’attuazione in termini finanziari dell’Obiettivo Convergenza, finanziato con il Fondo europeo di sviluppo regionale e con il Fondo sociale europeo, risulta, al 30 giugno 2015, pari al 128,2% in termini d’impegni e al 75,9% in termini di pagamenti”. In via generale, dalla Relazione emerge che il processo di attuazione della programmazione 2007-2013 ha dimostrato che “un più efficace utilizzo delle risorse è strettamente collegato a un effettivo miglioramento della capacità progettuale e gestionale, a livello centrale e regionale e in particolare nel Mezzogiorno. In futuro – osserva la Corte – si intenderebbe far fronte a tali esigenze anche con il contributo dell’Agenzia per la coesione territoriale, divenuta operativa nel novembre 2014, con il compito di svolgere verifiche e monitoraggi più sistematici nell’utilizzo delle risorse, di fornire maggior sostegno e assistenza tecnica alle Amministrazioni e alle Regioni interessate e di assumere, in alcuni casi, poteri sostitutivi”. Quanto alla programmazione 2014-2020, la Sezione osserva che, “l’Accordo di Partenariato tra l’Italia e la Commissione europea, del novembre 2014, prevede che le criticità dei cicli precedenti vengano superate attraverso una programmazione più trasparente e verificabile, un monitoraggio permanente e un supporto anche grazie alla Agenzia per la coesione territoriale, i piani settoriali nazionali di riferimento, nonché i piani di rafforzamento amministrativo per le Amministrazioni centrali e per le Regioni”.