FATTO
In un giudizio per responsabilità amministrativa di alcuni dipendenti, del segretario generale e del Sindaco di un Comune al fine di ottenerne una condanna pecuniaria per omessa attivazione, nonostante la comprovata conoscenza della situazione, di qualsivoglia procedura per la riscossione dei canoni e delle indennità di occupazione di un complesso immobiliare dell’ente, i convenuti hanno contestato la sussistenza della propria responsabilità, deducendo che la stessa doveva essere semmai ascritta alle società concessionarie (e poi affidatarie) del servizio di riscossione dei canoni e delle indennità in questione che non si erano attivate per il recupero delle somme spettanti all’ente e chiedendo l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle stesse. Il giudice investito della richiesta, nel rimettere la questione alla Corte Costituzionale per violazione degli artt. 3, 24, 76, 81 e 111 della Costituzione, ha rilevato che la relativa valutazione fosse inficiata dal divieto, recato dall’art. 83, comma 1, cod. giust. Contabile (D.Lgs 174/2016), di chiamata in causa di altri soggetti non evocati in giudizio dalla pubblica accusa. Ciò al più argomentando che il comma 2 della medesima norma, nella formulazione applicabile ratione temporis, prevede che: «quando il fatto dannoso costituisce ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, tutte le parti nei cui confronti deve essere assunta la decisione devono essere convenute nello stesso processo. Qualora alcune di esse non siano state convenute, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza»
DIRITTO
La Corte Costituzionale nelle considerazioni in diritto premesse alla pronuncia in merito fa una necessaria ricostruzione del complessivo quadro normativo inerente i fatti di causa e rigetta tutte le diverse pregiudiziali di costituzionalità evocate dal giudice de quo in particolare rilevando che il comma 1 dell’art. 83 cod. giust. contabile (D.Lgs 174/2016) quando stabilisce, in termini generali, che «nel giudizio per responsabilità amministrativa è preclusa la chiamata in causa per ordine del giudice», ha, nella sostanza, codificato l’orientamento affermato dalla giurisprudenza dominante della sezione centrale della Corte dei conti ancora nella vigenza dell’art. 47 del regolamento di procedura, la quale aveva ritenuto, come evidenziato, specie dopo le modifiche operate dalla legge cost. n. 2 del 1999 all’art. 111 Cost., che la mancata chiamata in giudizio da parte del PM di soggetti nei confronti dei quali lo stesso non avesse ritenuto di procedere con l’azione di responsabilità non comporta la necessaria integrazione del contraddittorio iussu iudicis, ben potendo il giudice, senza violare il principio della domanda e il proprio ruolo equidistante tra le parti, compiere un accertamento incidentale di responsabilità al solo scopo dell’esatta determinazione delle quote di danno da porre a carico dei soggetti evocati in giudizio (Corte dei conti, sentenze n. 435 del 2015, n. 316 del 2010 e n. 300 del 2002). Peraltro, aggiunge la Corte, l’art. 83 comma 2 del codice nella formulazione originaria era apparsa subito contraddittoria nel ritenere possibile che un giudizio prosegua sebbene non venga integrato il contraddittorio nei confronti di litisconsorti necessari pretermessi, atteso che ciò condurrebbe, in spregio al fondamentale principio di economia processuale, a una sentenza inutiliter data. Da qui il successivo decreto correttivo del codice di giustizia contabile, varato con il d.lgs. n. 114 del 2019, ha modificato il censurato comma 2 dell’art. 83 eliminando la possibilità di disporre d’ufficio l’evocazione in giudizio nelle fattispecie di litisconsorzio necessario sostanziale. La norma infatti, nella versione vigente, stabilisce che «quando il fatto dannoso è causato da più persone e alcune di esse non sono state convenute nello stesso processo, se si tratta di responsabilità parziaria, il giudice tiene conto di tale circostanza ai fini della determinazione della minor somma da porre a carico dei condebitori nei confronti dei quali pronuncia sentenza».
FONTE: www.cortecostituzionale.it