Pochi giorni fa, il sindaco di Roma Virginia Raggi, aveva annunciato l’avvio di un’indagine sui “circa 100 immobili, pubblici e privati, occupati abusivamente in tutta la città”. Pare impossibile, eppure non esiste un “catasto delle abitazioni occupate”. Molte infatti appartengono all’edilizia pubblica, una minima parte sono invece di privati, e questo ha reso più difficile censirle. Ci si deve affidare ai singoli dati nelle mani dei vari enti.
Nel 2016 Federcasa, in collaborazione con Vpsitex e Nomisma, ha promosso un’analisi sul tema delle occupazioni abusive delle case popolari in Italia: gli alloggi dell’Erp (Edilizia residenziale pubblica) occupati sono circa 48 mila, su di un totale di oltre 750 mila. Il 6,4% delle abitazioni gestite dagli Enti associati a Federcasa. Di queste 48 mila, 40 mila (l’81%) sarebbero state occupate con la forza, mentre 9 mila sarebbero detenute da soggetti cui è venuto meno il titolo (scadenza del contratto).
Analizzando i dati, il fenomeno risulta in progressivo aumento, con una crescita del 20,9% tra il 2004 e il 2013, “anche a causa del peggioramento della tensione abitativa”, si legge sul sito Federcasa.it. Rispetto al totale delle abitazioni, circa il 6,4% di essere risulta occupato abusivamente. Mezzogiorno e Centro Italia sono le aree maggiormente interessate dal fenomeno, con percentuali rispettivamente del 53,4% e del 36,5%.
Quali sono le principali cause di una tendenza così ampiamente diffusa? Il report Federcasa evidenzia come ad alimentare il fenomeno, sia soprattutto fattori quali: la perdurante presenza di alloggi sfitti, il disagio economico del contesto sociale, la limitata collaborazione con le autorità preposte all’ordine pubblico e gli aspetti legislativi.
Il racket delle occupazioni non si ferma davanti a niente e da tempo ha preso di mira anche gli alloggi dei privati. Come difendersi dunque da una occupazione abusiva? A rispondere è l’avvocato Andrea Brunelli, del Foro di Genova: «Se al ritorno dalle ferie trovate la vostra abitazione occupata da sconosciuti è sconsigliabile risolvere la questione con la forza. Il rischio è una denuncia per esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose (art. 392 c.p.) o sulle persone (art. 393)».
Quindi come comportarsi? «La strada maestra è quella di azionare un giudizio civile, chiedendo al giudice di tutelare il nostro “possesso” dell’immobile occupato con un’azione possessoria, più rapida della causa civile ordinaria. Il magistrato valuterà se l’immobile è nel legittimo possesso del ricorrente e ordinerà agli abusivi di lasciare l’edificio, disponendo l’uso della forza pubblica per procedere allo sgombero».
Ma quanto tempo occorre prima di rientrare in possesso dell’immobile? «Purtroppo le tempistiche, che variano da tribunale a tribunale a seconda del carico di lavoro da smaltire, e i costi – che verosimilmente rimarranno in capo a chi ha ragione, in quanto l’abusivo difficilmente avrà beni aggredibili – fanno sembrare tutto questo procedimento come una “beffa” per il danneggiato. Si può allora aggiungere anche una denuncia penale per “invasione di terreni o edifici” (art. 633 c.p.) e cercare almeno la soddisfazione, quasi esclusivamente di principio, di veder condannato penalmente l’abusivo».