La vittoria della Brexit può essere interpretata come il rifiuto della globalizzazione, ed è questo l’aspetto strutturale più drammatico. Purtroppo la riflessione politica, presa dalla prevalenza della cronaca e dell’immagine, si accorge dei rischi che comportano i processi storici solo dopo l’avvento di forti choc. Il processo di integrazione europeo, dopo la recessione iniziata nel 2008 con il fallimento della Lehmann Brothers, è strutturalmente in crisi poiché non sono stati rispettati i tre principi politici su cui si regge: pace, sviluppo e solidarietà. Purtroppo la politica economica restrittiva, imposta dalla Germania, ha, di fatto, messo in crisi la solidarietà tra i paesi membri (basta vedere i rapporti con la Grecia negli ultimi anni) e limitato lo sviluppo nell’intera area dell’Unione.
La globalizzazione deve essere analizzata in rapporto a un altro evento ancora in atto e dal futuro incerto: la crisi della classe media nel mondo occidentale. Entrambi i processi hanno creato una miscela, potenzialmente esplosiva in tutti i Paesi, che porta a un degrado culturale, economico e sociale che si estrinseca in vari modi (basti pensare al fenomeno Trump negli USA). La Brexit, in Europa, potrebbe essere solo l’inizio. Ora bisognerà vedere come si incarnerà questo processo nelle prossime elezioni spagnole e in quelle francesi e tedesche del prossimo anno.
E’ arrivato il momento in cui lo spirito europeo deve saper raccogliere la sfida che il divenire della storia presenta! Paradossalmente, l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue può essere l’ultima occasione per imprimere una svolta alla politica economica dell’eurozona e di tutto il continente. Se questo non avverrà, l’effetto emulazione prenderà il sopravvento e il volto dell’Europa non sarà più quello che conosciamo: forse diventerà una zona di libero scambio con più monete e senza nessuna ambizione politica. A quel punto la storia farà un salto indietro di circa mezzo secolo.