Dopo avere condotto una «valutazione generale dei fattori che limitano il ritorno dell’inflazione al target del 2 per cento» la Bce ha deciso di prolungare da settembre 2016 a marzo 2017 «o oltre, se necessario» la scadenza del Quantitative Easing. Lo ha annunciato il presidente della Bce Mario Draghi nella conferenza stampa seguita alla riunione del Comitato direttivo. Oltre al taglio del tasso sui depositi, la banca centrale ha esteso il programma di acquisto di titoli da 60 miliardi al mese dal settembre 2016 fino al marzo 2017, inoltre la Bce reinvestirà i titoli in scadenza, come già aveva fatto la Federal Reserve. Estesa anche la lista dei titoli che la Bce può comprare includendo quelli emessi dalle autorità locali.
La Banca centrale europea ha inoltre tagliato il tasso sui depositi da -0,20% a -0,30%, come previsto alla vigilia. La decisione avrà effetto dal 9 dicembre. Resta invece invariato a +0,05% il tasso principale di rifinanziamento e a +0,30% quello marginale sui prestiti. Scende dunque in territorio sempre più negativo il tasso applicato sui depositi delle banche commerciali dell’area euro presso la BCE. L’obiettivo è infatti quello di incentivare gli istituti di credito a fare più prestiti a imprese e famiglie facendo circolare più rapidamente la liquidità che depositano giornalmente (overnight in gergo tecnico) presso la banca centrale dell’Eurosistema. La Bce non è l’unica banca centrale ad aver imboccato questa strada: lo hanno fatto anche Danimarca, Svezia e Svizzera. «Il taglio del tasso sui depositi – osserva Barclays in una nota – è la misura di politica monetaria più efficace per creare inflazione nel breve periodo perché comporta un indebolimento dell’euro e quindi una maggiore inflazione importata».