Per “pubblicità esterna” si intende quella realizzata con cartelli, targhe, insegne, manifesti, fissa o mobile, visibile e/o percepibile dalle strade, collocata su spazi pubblici o privati. Diversamente dalle altre forme di pubblicità (stampa, radiotelevisione, informatica) è l’unica colpita dalla IMPOSTA COMUNALE SULLE PUBBLICITÀ di spettanza del Comune nel cui territorio viene esposta.
L’assetto normativo che disciplina attualmente la pubblicità esterna si basa sul D.Lgs. n.507/1993, integrato con le disposizioni del D.Lgs. n.446/1997, attuativo della Riforma della Fiscalità Locale della Legge delega n. 662/1996.
Spetta ai Comuni, nell’esercizio della propria autonomia, fissare in apposito Regolamento le regole per la effettuazione della pubblicità, e determinare la misura del tributo, entro i limiti massimi fissati dalla legge per ciascuna fattispecie in relazione alla classe di appartenenza del Comune in base alla popolazione.
Con l’articolo 62 del citato D.Lgs. n. 446/1997 è stata anche attribuita ai Comuni la facoltà di trasformare l’imposta in un CANONE (CIMP) legato all’autorizzazione per la collocazione del manufatto, e la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 141 in data 8/5/2009 ha affermato che la natura del canone resta comunque quella di entrata tributaria.
Due, pertanto, sono gli aspetti collegati alla pubblicità, quello economico costituito dal gettito per il Comune e l’impatto dei mezzi sull’arredo urbano e sull’ambiente, che l’Ente ha il diritto/dovere di salvaguardare mediante la propria regolamentazione, che solitamente è stata esercitata anche con la Redazione di un PIANO REGOLATORE DELLA PUBBLICITÀ, con le disposizioni riguardanti la quantità , la forma, le dimensioni, la ubicazione dei manufatti, nonché i limiiti e i divieti, anche in deroga ad alcuni principi del Codice della Strada quando ciò si renda opportuno e sia sostenuto da adeguata motivazione.
Il fenomeno della pubblicità a Roma
Le manifestazioni pubblicitarie a Roma in fatto di impianti in esterno hanno assunto da sempre particolare rilevanza per le caratteristiche della Città, nella veste di Capitale del Paese, depositaria sul piano territoriale di gran parte del patrimonio artistico, nonché per la quantità di siti protetti da vincoli urbanistici, archeologici, storici.
La fotografia della Città per un periodo che va oltre il mezzo secolo trascorso ci mostra una invasione costante e massiccia di mezzi pubblicitari delle dimensioni più varie, collocati nel dispregio di ogni regola in tutti gli angoli del territorio, privi delle necessarie autorizzazioni, quasi sempre senza l’assolvimento delle imposte e dei canoni, recando ingenti danni all’immagine della Città ed alle casse del Comune.
Ciò non vuol dire che le Amministrazioni , di qualsiasi colore politico, succedutesi nel corso degli anni non abbiano esperito tentativi per arginare e reprimere il fenomeno, ma la realtà dei fatti ha dimostrato la prevalenza degli operatori poco scrupolosi nei confronti della macchina comunale.
A titolo esemplificativo giova ricordare alcuni passaggi, quali ad esempio la delibera n. 1889/1997 con cui la Giunta Comunale decideva di adottare una PROCEDURA STRAORDINARIA DI RIORDINO mediante AUTODICHIARAZIONE da parte dei soggetti pubblicitari circa gli impianti per i quali potevano dimostrare la esistenza delle relative autorizzazioni, al fine di ottenerne il rinnovo quinquennale a condizione che gli stessi provvedessero a sanare ogni pendenza debitoria ed a rimuovere spontaneamente i manufatti abusivamente collocati. Va registrato che la procedura in questione si protraeva per oltre quindici anni, superata per lunghezza solo dalle procedure per la definizione dei condoni edilizi (ancora oggi in corso).
L’Agenzia per il controllo dei servizi pubblici del Comune di Roma (organismo incaricato delle funzioni di verifica della qualità dei servizi e di supporto tecnico all’Amministrazione) aveva eseguito nel 2001 un censimento fisico dei manufatti pubblicitari esistenti sul territorio (che risultavano in circa 90.000), dei quali oltre il 68 per cento risultava privo di autorizzazione. Un successivo monitoraggio svolto nel 2006 constatava la incidenza della superficie abusiva in misura del 40 per cento.
Quanto al danno economico per le Casse del Comune veniva rilevato che il potenziale degli introiti conseguibili avrebbe potuto attestarsi su una misura almeno cinque volte superiore a quanto in realtà incassato.
L’aggressione pubblicitaria veniva nel tempo denunciata dagli organi di stampa, dalle associazioni ambientalistiche, dai comitati cittadini, provocando ripetuti interventi della Magistratura, della Corte dei Conti, del Ministero delle Finanze, tutti indirizzati alla normalizzazione del settore, che gli operatori abusivi cercavano in qualche modo di contrastare, contando sulla macchinosità della burocrazia comunale e sulla cronica insufficienza dei mezzi economici per finanziarie le attività di rimozione , spesso vanificate dalla velocità con cui venivano ricollocati altri manufatti in luogo di quelli rimossi.
A merito dell’Amministrazione va citata l’approvazione del NUOVO REGOLAMENTO, integrato da ultimo con le modifiche introdotte con la deliberazione dell’Assemblea Capitolina n. 50/2014, recante le disposizioni sulle tipologie e formati, con la eliminazione dei POSTER di mt 6×3 e la riduzione della massima dimensione per i cartelli ai mt. 4×3 (collocabili peraltro solo in zone periferiche).
Con la deliberazione A.C. n. 49/2014 è stato approvato il PIANO REGOLATORE DEGLI IMPIANTI PUBBLICITARI (PRIP) da completare con i PIANI DI LOCALIZZAZIONE degli stessi, con la previsione in ottica futura di assegnare le concessioni a seguito di gare ad evidenza pubblica.
Si tratta di provvedimenti la cui attuazione, ancora in itinere, ha prodotto anche l’insorgere di un contenzioso amministrativo. Si segnala in proposito la sentenza del TAR LAZIO n. 2283 del 22 febbraio 2016i del che ha annullato una serie dei criteri dettati dalla Giunta Capitolina perché ritenuti invece di competenza dell’A.C..A seguito di ciò il Commissario Straordinario ha adottato la deliberazione n. 19/2016 di adeguamento alla pronuncia del TAR.
Riguardo alla situazione ad oggi, si può affermare che agli occhi dei cittadini si presenta uno spettacolo di degrado meno imponente, in parte dovuto agli effetti degli interventi delle Autorità e delle campagne condotte dai vari organismi, ed in parte alla perdurante crisi economica nel Paese negli ultimi anni, che ha prodotto una sensibile riduzione degli investimenti pubblicitari per la cartellonistica ed i manifesti, a vantaggio di altre forme quali la televisione, il cinema, la stampa ed ora la pubblicità telematica, in continua ascesa.
Le affissioni di manifesti per le campagne elettorali
Un comportamento che da sempre caratterizza le campagne elettorali nel nostro Paese è quello dei Partiti e dei Candidati che riescono con i loro manifesti ad “INCARTARE” le Città: fenomeno, naturalmente, che a Roma assume dimensioni notevoli.
A parte l’immagine che ne risulta, il fatto comporta ingenti costi per il Comune che deve poi provvedere alla rimozione della carta ed impegnare la Polizia Municipale per la elevazione delle contravvenzioni.
Singolare, però, risulta l’abitudine della classe politica di intervenire in occasione di ogni turno elettorale per ottenere alla fine provvedimenti di CONDONO. Vale la pena segnalare per tutti l’articolo 42 bis del D.L. n.207/2008 il quale, a fronte di sanzioni per centinaia di milioni elevate dai Comuni, ha ridotto a 1.000 euro la somma da pagare, da suddividere fra tutti i Comuni della Provincia. La norma è stata riprodotta ogni volta che nel Paese si sono svolte elezioni, politiche od amministrative, il che capita come è noto con discreta frequenza.
Poichè siamo alla vigilia di nuove elezioni, non ci resta che sperare in una presa di coscienza dei protagonisti della campagna, e risparmiarci il solito indecoroso spettacolo.