Le indagini sulle famiglie mostrano che la preoccupazione per i cambiamenti climatici è crescente tra i cittadini, i timori sono alimentati dal verificarsi, con frequenza ed intensità, di eventi meteorologici estremi, che aumentano il rischio di calamità connesse al dissesto idrogeologico e alla siccità, con conseguenze drammatiche in termini di vite umane e danni economici.
Il 2% della popolazione residente vive in aree a pericolosità da frana elevata o molto elevata e l’11% in territori con pericolosità da alluvione da media a elevata; oltre alle conseguenze del cambiamento climatico, persistono, a livello nazionale e locale, emergenze non risolte, 2 in particolare: la 1° riguarda l’acqua e le condizioni delle nostre infrastrutture idriche, la 2° è la povertà energetica.
La scarsità dell’acqua rappresenta una minaccia per la sostenibilità della vita sociale e dei processi produttivi, la riduzione delle precipitazioni, accompagnata dall’aumento delle temperature, ha portato a una minore disponibilità media annua della risorsa idrica, che nel trentennio 1991-2020 si è contratta del 20% rispetto alla media del trentennio 1921-1950. La disponibilità idrica nazionale ha raggiunto il minimo storico nel 2022 con il -50% rispetto al periodo 1991-2020.
A tale problema si associa una condizione di dissesto dell’infrastruttura idrica: nel 2020 il 42% dell’acqua immessa nelle reti di distribuzione dell’acqua potabile non è arrivata agli utenti finali, una quantità considerevole, che, stimando un consumo di 215 litri per abitante al giorno, sarebbe sufficiente a garantire i fabbisogni idrici di 44 mln. di persone l’anno.
Nel 2020, le situazioni critiche si sono verificate nel Centro e nel Mezzogiorno, inoltre, la siccità e i problemi di approvvigionamento hanno influito molto sull’annata agricola appena trascorsa, facendo registrare, nei conti economici nazionali, una riduzione della produzione, del valore aggiunto e dell’occupazione del settore agricolo.
La transizione ecologica va favorita tramite investimenti di carattere strutturale, come quelli previsti dal PNRR, ma deve essere approfondito il suo impatto a livello economico e sociale con l’intento di promuovere una maggiore equità.
La lotta alla povertà energetica è un aspetto chiave delle recenti strategie della Commissione Europea per la “Just Transition”, una dimensione della povertà che saremo chiamati a misurare negli anni a venire; nel 2022, il 17,6% delle famiglie a rischio di povertà ammette di non essere in grado di riscaldare adeguatamente l’abitazione, e il 10% dichiara arretrati nel pagamento delle bollette, valori elevati, anche se inferiori alla media europea.
Le famiglie che lamentano una spesa energetica troppo elevata e quelle il cui reddito, fatto fronte alle spese energetiche, scende sotto la soglia di povertà, sono l’8,9% delle residenti in Italia e il 27% di quelle che ricevono in bolletta i bonus sociali, potenziati negli ultimi anni per mitigare l’impatto sociale della crescita dei prezzi dei beni energetici.
Fonte: ISTAT