Ha all’attivo due pubblicazioni: “Grande raccordo anulare. Alla ricerca dei confini di Roma”(2005) per l’editore Avagliano e “Speravamo nei miracoli
Il dopoguerra in un rione di Roma” (2014) per la casa editrice Marsilio.
Come è nata l’idea del suo libro “Grande Raccordo Anulare. Alla ricerca dei confini di Roma”?
“Parliamo di 15 anni fa, il testo è stato pubblicato nel 2005, avevo la curiosità di conoscere quella parte della città meno celebrata.
Sono percorsi legati ad una scelta di vita, ero andato a vivere in periferia, a Cinecittà, e ho seguito il gusto dell’ esplorazione.
Sapere dove una strada finisce e come si collega ad un’altra…
Ho visto che in queste esplorazioni intorno al Raccordo Anulare si incontravano tante esperienze di vita, di persone e di storie, ho avuto voglia di raccontarle”.
Quali monumenti e luoghi le varie nazionalità prediligono?
“Svolgo la mia professione in tre lingue: spagnolo, francese e italiano.
Dalla mia esperienza ho constatato che l’80-90% dei turisti di tutte le nazionalità frequenta gli stessi siti.
Hanno sostanzialmente tre obiettivi: Il Colosseo con a volte il Foro, cioè l’area archeologica principale; la Basilica di San Pietro con i Musei Vaticani; e la Roma barocca, quindi le piazze come Fontana di Trevi, il Pantheon, piazza Navona.
Un 10-20%, che magari è già stato a Roma in precedenza, si dedica alle tante altre attrattive che offre la nostra città, a cominciare dalle tre Basiliche Papali di S. Giovanni, S. Paolo e S. Maria Maggiore”.
Quale rapporto hanno i romani con gli stessi monumenti e luoghi?
“Molti romani non sono mai entrati al Colosseo e ancora meno ai Musei Vaticani, preferiscono frequentare il centro.
Diverso tempo fa intervistai circa 40 persone a cui sottoposi un questionario per misurare la percezione che avevano di Roma.
Uno dei risultati più evidenti è che magari non conoscevano molti siti ma tutti avevano un grande affetto per l’ansa centrale del Tevere intorno a piazza Navona, per le stradine e l’ambiente storico, erano sentite come un riferimento positivo.
In quanto ai monumenti, il Colosseo e la Basilica di San Pietro sono certamente quelli in cui i romani si identificano di più”.
Le storie che racconta sono frutto di un’esperienza personale e qual è il confine di Roma?
“Non esiste un confine di Roma, questo è la conclusione del libro.
Dalla pubblicazione del mio testo sono trascorsi 10 anni e sempre di più la città si è trasformata soprattutto ai margini.
Nella metropoli moderna è impossibile trovare il confine, c’è molta differenza fra il centro storico e le sue istituzioni e l’estrema periferia, è tutta una gradazione di situazioni, condizioni ed esistenze, non c’è una linea di divisione netta.
In una grande città convivono realtà parallele, non è detto che si possano intersecare e per questo sono diffidente verso le definizioni”.
Svolge il mestiere della guida turistica, vive e respira l’arte, qual è il vero valore di quello che lei descrive nella sua attività lavorativa?
“Ci sono diversi valori: la bellezza, l’insegnamento morale, l’insegnamento della storia.
Però riconosco un possibile limite, quello di incantarci specchiandoci nel passato, distogliendoci dal presente e dal futuro ed è un rischio notevole, quello di rimanere immobili.
Si deve formare una nuova cultura che tenga conto degli aspetti storico-artistici e di quelli manageriali per arrivare a dei cambiamenti”.