E’ un’immagine a tinte per lo più positiva quella che emerge dalla fotografia scattata dall’Istat sul benessere dei territori italiani. L’Istat ha, infatti, pubblicato ieri l’aggiornamento annuale del sistema di indicatori del Benessere equo e sostenibile dei territori, riferiti alle province e alle città metropolitane italiane, coerenti e integrati con il framework Bes adottato a livello nazionale.
I 56 indicatori statistici inseriti nell’edizione 2019 sono articolati in 11 domini: Salute; Istruzione e formazione; Lavoro e conciliazione dei tempi di vita; Benessere economico; Relazioni sociali; Politica e istituzioni; Sicurezza; Paesaggio e patrimonio culturale; Ambiente; Innovazione, ricerca e creatività; Qualità dei servizi. Rispetto al Rapporto Bes nazionale, composto da 12 domini, non è considerato il Benessere soggettivo, per la mancanza di fonti di adeguata qualità statistica mentre diverse componenti del benessere sono descritte per mezzo di misure ulteriori.
I dati, disponibili in serie storica, consentono di osservare sia i livelli di benessere misurati per i diversi domini all’interno di ciascuna provincia, sia le differenze territoriali di benessere da varie angolazioni: la distanza che separa le province più avvantaggiate dalle più penalizzate; le transizioni tra parti basse e alte della distribuzione o il persistere nel tempo di posizioni di vantaggio o svantaggio; la dispersione complessiva tra i territori e le dinamiche di convergenza/divergenza; le relazioni tra le dinamiche territoriali e il concomitante incremento (o contrazione) del benessere nei vari domini.
La ricerca, resa nota nel pomeriggio dall’Istat, riporta le misure del benessere dei territori e quello relativo al reddito medio pro capite degli italiani, che sale a + 3,6% tra il 2014 e il 2016. Si tratta di una media di 600 euro in più per residente: ma nel contempo abbiamo un’erosione del patrimonio per persona, cioè case, risparmi e attività reali e finanziarie, da circa 156mila euro del 2012 a circa 153mila, cioè 2.600 euro in meno per italiano in quattro anni.
Con l’aggiornamento annuale del sistema di indicatori del Benessere e sulle misure del benessere equo e sostenibile dei territori si rileva anche come nel settore della Salute vi sia una continua la crescita della speranza di vita. La crescita riguarda tutte le province italiane, ma con intensità molto diverse e differenze territoriali. Resta confermato il vantaggio di gran parte delle province del Nord-est e del Centro (escluse quelle del Lazio), mentre livelli molto al di sotto della media-Italia accomunano i territori di Campania e Sicilia, pur con gradazioni diverse. Nel 2004 l’aspettativa di vita per le donne in Italia era di 83,6 anni contro i 77,9 degli uomini. Questa differenza (+5,7 anni) si è andata riducendo negli anni, in maniera diffusa nel territorio. I maggiori progressi, nel tempo, riguardano infatti la speranza di vita degli uomini, con una crescita media di +2,7 anni a livello nazionale, doppia rispetto a quella delle donne (+1,3).
Nel 2017 il divario tra le donne (84,9) e gli uomini (80,6) è di 4,3 anni. Tra le province l’incremento è generalizzato, sia per gli uomini che per le donne, ma le intensità sono diverse. Per la speranza di vita degli uomini gli incrementi più bassi si registrano quasi esclusivamente nel Mezzogiorno.
Gli incrementi più alti, invece, si distribuiscono in tutte le aree del Paese ma sono prevalenti al Nord, con Sondrio e Lecco che registrano la crescita maggiore (+3,9). Infine L’Istat registra anche a maggio un “miglioramento diffuso” del clima di fiducia sia per i consumatori che per le imprese, che hanno così il valore più alto da novembre 2018, con progressi per tutti i settori. Per la manifattura è il primo aumento dopo sette cali consecutivi. Per i consumatori, l’indice aumenta per la prima volta da gennaio 2019, mantenendosi comunque sotto i livelli del 2018. Il miglioramento è trainato dalle componenti economica e corrente.