Comune marchigiano in provincia di Macerata, Visso ha origini molto antiche. Benchè colonizzato da tribù locali appartenenti al ceppo dei Sabini, la sua fondazione come nucleo abitativo coloniale risale al I secolo d.C., quando entrò a far parte dell’Imperium Romanum di Giulio Cesare con la denominazione “Vipse”. Il borgo è situato in una posizione tale – zona appenninica ovest delle Marche – per cui viene definito “la perla dei Sibillini”. Si erige tra due costoni montuosi quasi “incastonato” nel verde della natura circostante, dalla quale risalta la particolarità del suo impianto edilizio, costituito da palazzi, balconcini e torrioni di epoca medievale per gran parte costruiti in pietra.
Tutta la zona maceratese visse storicamente diverse occupazioni militari e vari saccheggi, a partire dalla prima fase del Medioevo. Con l’Urbe in piena decadenza e sottoposta di continuo agli attacchi dei barbari scesi presso il territorio italico, nel VI secolo i Longobardi invasero Visso e lo inglobarono nel Ducato di Spoleto, divenuto nel frattempo una delle province del loro regno. Solo dopo la metà del Settecento, con l’occupazione carolingia, i territori marchigiani vennero in parte posti sotto l’amministrazione dello Stato della Chiesa, con cui Carlo Magno era alleato. In un contesto di faide comunali tra feudatari che si protrasse ben oltre l’anno Mille e che fu caratterizzato dalle lotte tra le grandi casate nobiliari per accaparrarsi il potere sul contado e sui centri abitati, Visso fu fortificata per mezzo di una cinta muraria della quale vi è ancora traccia. Attraverso la stessa, sono presenti le vecchie porte d’accesso al comune e le torri di guardia erette a scopo difensivo, nel corso degli anni più volte restaurate e messe in sicurezza. Per Visso furono anni di scontri e guerre tra feudi, in particolare condotte contro Norcia, con la quale si disputò grandi appezzamenti di terre adiacenti Gualdo e Pian Perduto, luoghi dell’attuale Umbria. Particolarmente feroce fu la battaglia del 1522, “cantata”anche da scrittori dell’epoca e che viene attualmente ricordata il primo luglio con una processione e alcune celebrazioni locali.
In epoca moderna, una serie di terremoti e le epidemie di peste che si diffusero in gran parte della penisola indussero molti abitanti del piccolo comune a spostarsi più a valle, dando luogo alla suddivisione del nucleo abitato in diverse “guaite” (amministrazioni comunali) capeggiate da un priore, probabilmente delegato dal Papato di Roma. L’amministrazione pontificia sul comune marchigiano si interruppe nel 1799, anno in cui iniziò il periodo di interregno napoleonico e che determinò la frammentazione del territorio in dipartimenti : Visso fu accorpato al Clitunno e poi al Trasimeno, per tornare sotto la giurisdizione della Chiesa nel 1822, 7 anni dopo il Congresso di Vienna. Tuttavia, sino alla proclamazione dell’Unità d’Italia (1861) fece parte dell’Umbria, e solo con l’istituzione del nuovo Regno entrò a far parte della provincia di Macerata. Nel corso del ventennio di regime fascista, dal 1927 al 1929 fu assegnato a Perugia e di nuovo a Macerata, di cui ancora oggi è provincia. La popolazione dei vissani fu molto attiva durante gli anni della Resistenza relativa alla seconda guerra mondiale : famosa fu la costituzione dei gruppi partigiani detti della “Alto Nera”, operativi sugli Appennini umbro-marchigiani tra il 1943 ed il 1945.
Oggi Visso, che ha nell’artigianato tessile e nel turismo le sue maggiori fonti di investimento e ricchezza, fa parte dell’associazione “I borghi più belli d’Italia” ed è la sede del Parco Nazionale dei Monti Sibillini. Attualmente ha una popolazione di circa 1.144 abitanti.