C’è molto di politico nello scontro istituzionale in atto tra il Comune di Napoli e il governo sulla riqualificazione di Bagnoli. Ma è chiaro che, al di là della dialettica collegata all’imminente inizio della campagna elettorale nel capoluogo partenopeo, quanto accaduto ieri ha pochi precedenti. Il messaggio che arriva da Palazzo Chigi, ribadito ieri dal presidente del Consiglio Matteo Renzi a Napoli, è forte e chiaro: il Sud riparte da Bagnoli, perché un’operazione come quella voluta dal governo e affidata agli enti locali non può che rappresentare un’enorme iniezione di fiducia verso il Mezzogiorno, la sua classe politico-dirigente, i suoi imprenditori. Ancora, Renzi ha specificato che a Bagnoli non ci sarà alcuna cementificazione, ma una riqualificazione in linea con il piano regolatore varato a suo tempo da Vezio De Lucia. “Noi abbiamo deciso di decidere – spiega il premier – Non date ascolto alle ricostruzioni farlocche: non c’è nessuna cementificazione ma solo il rispetto rigoroso del piano regolatore di Vezio De Lucia. E non solo: eliminiamo il più grande scandalo ambientale, bonificando 230 ettari e rimuovendo due milioni di metri cubi tra colmata e mare di rifiuti lasciati per anni in condizioni atroci”. Per il presidente del Consiglio, quella di Bagnoli sarà “la più grande opera di recupero ambientale della storia italiana”.
Un progetto sposato dalla Regione Campania con il governatore Vincenzo De Luca. Ma non dal Comune di Napoli. Il sindaco Luigi De Magistris, nonostante lo scorso 22 marzo il Tar abbia respinto il ricorso sul commissariamento di Bagnoli, resta sulle proprie posizioni, apertamente contrarie al progetto del governo. Lo scorso 30 marzo è arrivata la convocazione della cabina di regia in programma ieri, un appuntamento al quale il primo cittadino napoletano, dopo aver disertato le prime riunioni, ha deciso però di non partecipare. Non solo. In città si sono riversati migliaia di manifestanti, non sono mancati momenti di tensione con le forze dell’ordine. Tafferugli a parte, la manifestazione aveva un retrogusto molto politico, che va ben oltre la vicenda Bagnoli. “Napoli sfiducia il governo Renzi” era lo slogan più acclamato, con i manifestanti che contestavano le politiche di “macelleria sociale” di Palazzo Chigi. A ben vedere Bagnoli c’entrava solo in parte.
A colpire è soprattutto la presenza tra la folla di alcuni assessori della giunta De Magistris, evidentemente schierati sulla posizione del sindaco, contrario al progetto. Il sindaco, protagonista da settimane di uno scontro a distanza con il premier, nel ribadire di non partecipare al vertice convocato in prefettura, ha spiegato: “La cabina di regia è una stanzetta preconfezionata, è un luogo pericoloso da cui ci teniamo a distanza. La mia storia personale e di questa amministrazione è una storia di mani pulite e non ci faranno mai diventare complici di qualcosa di indecente che sta avvenendo a livello politico e istituzionale”. Parole dure anche per il premier, accusato da De Magistris di aver calpestato la Costituzione con il commissariamento di Bagnoli, nonostante il parere contrario del Tar, secondo cui quella decisione del governo è legittima in quanto il degrado di Bagnoli “persiste da tempo immemorabile” e la situazione “non è migliorata nonostante plurimi interventi della autorità competenti in via ordinaria e, persino, di quelle istituite per affrontare l’emergenza”. Pertanto l’intervento previsto dal decreto legge 133 del 2014 è “necessario e urgente” perché il governo ha preso atto del persistere della condizione di grave inquinamento ambientale e dei connessi rischi per la salute pubblica, provvedendo di conseguenza”. Un intervento che “non si può ritenere intervento evidentemente o palesemente non necessario e non urgente”. Secondo i giudici amministrativi, inoltre, non si può affermare che il decreto legge escluda il Comune di Napoli nella complessiva predisposizione di programmi di bonifica e recupero.
Valutando il ricorso al Consiglio di Stato, il sindaco De Magistris è però di avviso contrario: “C’è stato bisogno di una modifica legislativa straordinaria con il milleproroghe poco prima della discussione dinanzi al Tar per contestare la fondatezza di quella che la nostra Avvocatura aveva ritenuto un perverso intreccio tra capitali privati ed intervento pubblico. Questo da solo dà la cifra della giustezza delle nostre azioni messe in campo a tutela di un irrinunciabile bene collettivo». L’azione del Comune, assicura il sindaco, «non si fermerà di fronte a questo pronunciamento del Tribunale amministrativo ma proseguirà davanti al Consiglio di Stato, che potrà e dovrà riesaminare l’esproprio di democrazia rappresentativa compiuto ai danni della città e del suo organo elettivo, il Consiglio comunale, oggi di fatto privato della possibilità di tutelare le scelte urbanistiche su Bagnoli e sulla zona occidentale della città. Difendiamo la città, sblocchiamo noi Bagnoli, la liberiamo dagli interessi speculativi e vinceremo alla fine questa battaglia».
Un ingorgo istituzionale con una campagna elettorale alle porte e il destino di un’area nevralgica per Napoli e il Mezzogiorno ancora incerto, con governo e Regione decisi ad andare avanti e il Comune contrario. Anche per questo gli esponenti campani del Pd invitano De Magistris a cambiare atteggiamento. Ma lo scontro è destinato ad andare avanti