La Corte di Cassazione è intervenuta nuovamente a pronunciarsi sulla questione dell’IVA sulla tariffa rifiuti TIA 1 e TIA 2, che aveva per anni coinvolto Commissioni Tributarie, Cassazione, Corte Costituzionale, in relazione alle norme recanti la disciplina dell’entrata in oggetto. L’Ordinanza della III Sez. Civile della Cassazione reca il n. 16332/2018, pubblicata il 21 giugno 3018. Trae origine da una decisione del Giudice di Pace di Venezia di rigetto della opposizione avverso un decreto ingiuntivo con il quale veniva chiesto il rimborso dell’IVA pagata su una fattura della TIA (Tariffa Igiene Ambientale) di cui all’art. 49 del decr. legisl. n. 22/1997 ed art. 238/ del decr. legisl. n. 152/2006. Il Tribunale di Venezia riformava parzialmente la decisione di primo grado sulla premessa che le tariffe TIA1 e TIA2 fossero state ritenute dalla Cassazione avere NATURA TRIBUTARIA in quanto mera variante della TARSU ,e, quindi, non assoggettabile ad IVA, anche per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 236/2009. Avverso la sentenza del Tribunale di Venezia è stato proposto ricorso per Cassazione per avere assimilato la TIA 1 alla TIA2.
Il Supremo Collegio ha proceduto alla disamina del quadro normativo di riferimento, con particolare attenzione alla disciplina che ha caratterizzato il passaggio dalla TIA 1 alla TIA 2 ed alla giurisprudenza di legittimità formatasi nel tempo, tenendo presente che le sentenze emesse sono state tutte relative a fattispecie in cui veniva in rilievo solo la TIA 1 e non la TIA 2. Ha quindi rilevato che la TIA 1 di cui all’art. 40 del decreto Ronchi (n.22/1997) non viene qualificata come prelievo tributario ed a causa del lungo periodo trascorso tra la data di inizio fissata al primo gennaio 1999 ed i continui differimenti normativi fino al primo gennaio 2009 si sono manifestate diversità sulla esatta qualificazione giuridica della tariffa, risolta con la sentenza n. 238(2009 la quale ha sancito che la TIA 1 rappresenta una mera variante della TARSU, con la conseguenza della inapplicabilità dell’IVA e su tale principio si è formata e consolidata la giurisprudenza di legittimità. Quanto alla TIA 2, di cui all’art. 238 del decr. legisl. n. 152/2006, venne istituita come prelievo dovuto obbligatoriamente da “chiunque possieda o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte che producono rifiuti urbani, quale CORRISPETTIVO per lo svolgimento del servizio di raccolta. Recupero e smaltimento dei rifiuti solidi urbani, affermando con ciò la NATURA PRIVATISTICA del prelievo, differenziandosi dalla norma istitutiva della TIA1.
Ad avviso della Corte, la natura privatistica della TIA 2 è stata confermata dall’art. 14, comma 33, del D.L. n. 78 del 2010, il quale ha previsto che: “le disposizioni di cui all’art. 238 del decr. legisl. n. 152/2006, si interpretano nel senso che la natura della tariffa ivi prevista non è tributaria. Le controversie relative alla predetta tariffa, sorte successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto, rientrano nella giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria”. E’ evidente, pertanto, che a seguito della emanazione di tale norma non è più dato interrogarsi sulla natura di corrispettivo, e non di tributo, della TIA 2 e sulla conseguente sua assoggettabilità all’IVA.
In conclusione, l’Ordinanza n. 16332/2018 in esame, accogliendo il ricorso, ha affermato il seguente principio: “La tariffa di cui all’art. 238 del decr. legisl. n. 152/2006 (Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani, poi denominata Tariffa Integrata Ambientale. C.d. TIA 2) come interpretata dall’art. 14, comma 33, del D.L. n. 78/2010, conv. dalla L. n. 122/2010, ha natura privatistica, ed è pertanto soggetta ad IVA ai sensi degli artt. n.1, 3, 4, capo II, del D.P.R. n. 633/1972”.
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it