La vexata quaestio dell’Ici sugli immobili di proprietà della Chiesa sembra giunta a un punto di svolta. I giudici della Corte di giustizia dell’Unione europea hanno stabilito che lo Stato italiano debba recuperare gli importi relativi al tributo, annullando la decisione della Commissione del 2012 e la sentenza del Tribunale Ue del 2016 che avevano sancito “l’impossibilità di recupero dell’aiuto a causa di difficoltà organizzative” nei confronti degli enti non commerciali, come scuole, cliniche e alberghi. I giudici hanno ritenuto che tali circostanze costituiscano mere “difficoltà interne” all’Italia”.
Il ricorso accolto dalla Corte di giustizia è stato promosso nell’aprile del 2013 dalla scuola elementare Montessori di Roma contro la sentenza del Tribunale Ue del 15 settembre 2016 che in primo grado aveva ritenuto legittima la decisione di non recupero della Commissione europea nei confronti di tutti gli enti non commerciali, sia religiosi sia no profit, di una cifra che, secondo stime autorevoli si aggira intorno ai 4-5 miliardi. La Commissione aveva infatti riconosciuto all’Italia l’assoluta impossibilità di recuperare le tasse non versate nel periodo 2006-2011, poichè sarebbe stato “oggettivamente” impossibile sulla base dei dati catastali e delle banche fiscali, valutare retroattivamente il tipo d’attività (economica o non economica) svolta negli immobili di proprietà degli enti non commerciali, e calcolare di conseguenza l’importo da recuperare.
Pronunciatasi in Grande Chambre, la Corte di giustizia ha invece annullato sia la decisione della Commissione europea che la sentenza del Tribunale Ue, spiegando che tali circostanze costituiscono mere “difficoltà interne” all’Italia, “esclusivamente a essa imputabili”, non idonee a giustificare l’emanazione di una decisione di non recupero. La Commissione europea, si legge nella sentenza, “avrebbe dovuto esaminare nel dettaglio l’esistenza di modalità alternative volte a consentire il recupero, anche soltanto parziale, delle somme”. Inoltre, ha ricordato che i ricorrenti erano situati “in prossimità immediata di enti ecclesiastici o religiosi che esercitavano attività analoghe” e dunque l’esenzione Ici li poneva “in una situazione concorrenziale sfavorevole (..) e falsata”. La Corte di giustizia ha ritenuto invece legittime le esenzioni dall’Imu, l’imposta succeduta all’Ici, introdotte dal Governo Monti, anch’esse oggetto di contestazione da parte dei ricorrenti.
Tempestivo il commento dell’Anci per bocca di Guido Castelli, Sindaco di Ascoli Piceno e presidente di Ifel: “Da sola questa decisione non consente direttamente ai Comuni di recuperare gettito e soldi per l’Ici non versata, piuttosto sanziona l’Italia per una norma del 2012 per aiuti di Stato. La sentenza non opera in maniera diretta e immediata, anche per questa ragione Parlamento e Governo devono varare una norma che regoli il recupero di tali risorse. La sentenza riguarda esenzioni che hanno operato tra il 2007 e il 2011 e non interferisce su ciò che è accaduto dopo il 2012, quando la questione si chiuse e con un decreto del Governo Monti che ha disciplinato in modo esauriente in materia. Bisogna essere consapevoli che il rischio che saltino servizi svolti da no profit sul welfare c’è e va scongiurato: il Governo tenga presente questa potenziale problematica e faccia in modo che eventuali recuperi non abbiano effetti negativi su queste realtà e, di conseguenza, sui servizi ai cittadini, che vanno garantiti. Sulle stime eviterei di azzardare numeri precisi – conclude Castelli – e i 4-5 miliardi di euro di Ici che sarebbero stati scontati a tutti gli enti non profit sono una previsione che fu elaborata nel 2012 dall’allora presidente dell’Anci, Graziano Delrio, e in cui si ipotizzavano volumi massimi di recupero. Si tratta sicuramente di aggiornare e approfondire una stima datata e su cui bisogna essere molto cauti”.