Nel 2016, la quantità raccolta di rifiuti urbani è stata di 496,7 chilogrammi per abitante (+2,2% rispetto al 2015). L’Istat nella sua ultima rilevazione aggiorna informazioni e analisi sui livelli più alti di produzione di rifiuti urbani del Paese. Vediamo così in vetta alla classifica degli scarti prodotti l’Emilia Romagna con 653,0 chilogrammi per abitante e la Toscana (616,2), mentre il Molise (387,0) e la Basilicata (353,0) sono le regioni in cui se ne producono di meno. La frequenza della raccolta differenziata dei rifiuti urbani varia sul territorio: livelli molto elevati si registrano nella provincia autonoma di Trento (74,3%), in Veneto (72,9%), Lombardia (68,1%), Friuli Venezia Giulia (67,1%) e nella Provincia autonoma di Bolzano (66,4%). In queste stesse zone la quantità pro capite di rifiuti urbani è al di sotto della media.
Nel 2017 l’Istat ha stimato che l’85,0% delle famiglie abbia effettuato con regolarità la raccolta differenziata della plastica, il 74,6% dell’alluminio, l’84,8% della carta e l’84,1% del vetro. I cittadini residenti nel Nord differenziano maggiormente i rifiuti rispetto alle altre zone del Paese. Il primato spetta alle famiglie del Nord-ovest con il vetro differenziato al 91,8%, i contenitori in alluminio all’81,0%, quelli in plastica al 91,1% e la carta 91,4%. Sempre nel 2017, il 69,9% delle famiglie ha dichiarato di sostenere un costo troppo elevato per la raccolta dei rifiuti, mentre il 25,6% lo giudica adeguato. Le più insoddisfatte sembrerebbero essere le famiglie residenti nelle Isole, ritenendo eccessivo il costo del servizio di raccolta, quota che scende al 61,1% nelle regioni del Nord-est. Sul porta a porta si definisce molto soddisfatto il 26,3% delle famiglie italiane (il 35,2% nel Nord-ovest e il 31,9% nel Nord-est). Al di sotto della media nazionale le altre ripartizioni geografiche: 17,6% al Sud, 19,9% al Centro e 20,6% nelle Isole.
Per Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli, Bari, Palermo, Catania e Cagliari i rifiuti urbani prodotti si attestano su valori che vanno dai 554,4 ai 458,6 chilogrammi per abitante con una forbice di differenziata compresa tra il 39,4% e il 58,1. All’aumentare della dimensione demografica si osservano quote crescenti di rifiuti urbani prodotti per abitante e percentuali più basse di raccolta differenziata come pure viceversa.
Al di fuori delle aree metropolitane, nei Comuni fino a 10.000 residenti la quantità di rifiuti urbani prodotti è pari a 446,0 chilogrammi per abitante con il 59,2% di differenziata. Passando invece ai Comuni da 10.001 a 50.000 abitanti i due indicatori sono pari rispettivamente a 501,8 chilogrammi per abitante e 55,4% di raccolta differenziata. Nei Comuni di grandi dimensione (da 50.001 abitanti e più) i rifiuti urbani raggiungono 548,1 chilogrammi per abitante, mentre la differenziata scende al 47,7%.
Le regioni che mostrano le percentuali più basse sia di rifiuti urbani differenziati sia di famiglie che dichiarano di differenziare sono la Sicilia e il Molise (forse per una scarsa diffusione dei servizi di raccolta tra cui anche il porta a porta). Nello stesso tempo queste aree sono tra quelle che producono una minore percentuale di rifiuti pro-capite. Per contro la Provincia Autonoma di Trento risulta molto attiva nella differenziazione dei rifiuti rispetto alla quantità di rifiuti urbani pro-capite.
Anche la Lombardia si attesta su percentuali elevate: 68,1% di rifiuti urbani differenziati sul totale dei prodotti e quasi l’81% delle famiglie che dichiara di differenziare sempre gli scarti. L’Istat rileva, infine, che la raccolta differenziata quotidiana dei contenitori in alluminio coinvolge una quota crescente di famiglie (dal 68,1% del 2012 al 74,6% del 2017). Quanto ai contenitori in vetro che erano già differenziati da una quota più elevata rispetto agli altri tipi di rifiuti: le famiglie che erano già differenziati da molti sono passate dal 79,9% nel 2012 all’84,1% nel 2017. La carta presenta un andamento simile a quest’ultimo: differenziata con continuità nel 79,1% dei casi nel 2012, ha raggiunto l’84,8% lo scorso anno.
L’analisi di altri tipi di rifiuti, tra cui quelli organici e i cosiddetti rifiuti selettivi (ovvero farmaci e batterie esauste), mostra invece una crescita ondivaga della differenziazione, fatta eccezione per le batterie usate che hanno registrano una diminuzione nel 2017. A tale riguardo una possibile spiegazione viene dall’ultimo Rapporto del Centro coordinamento nazionale pile e accumulatori, che mette in evidenza la tendenza delle famiglie ad un sempre maggiore consumo di batterie ricaricabili, ricorrendo meno all’acquisto di quelle usa e getta.