“Il patrimonio musicale che Pino Daniele ci ha lasciato è enorme – ha detto la stessa De Sio in un’intervista -. Io ho cercato di dargli una nuova forma senza tradire la sua poetica e melodia, di coniugare il suo spirito con i miei suoni. La linea che mi ha guidato è stata quella di scegliere brani del Pino napoletano. Non potevo prescindere da quelli più popolari, sarei stata inutilmente snob, ma ho voluto anche dare spazio a pezzi meno conosciuti seppure ugualmente interessanti”.
Nessuna tristezza nel rammentare un grande amico e un grande autore, che ha visto solcare e scrivere esperienze umane ed artistiche per tante pagine comuni di vita.
Quella di Pino Daniele è stata una figura di grandissima importanza nel pop degli anni Ottanta.
E tra le molte qualità del cantante partenopeo vi è senza dubbio quello d’aver saputo esprimere la musicalità napoletana sgombrando il campo da ogni folkloristica banalità. Con rigore, metodo e passione, senza rinnegare le proprie radici, ma anzi esaltandole con stili e suggestioni, Pino Daniele è riuscito a fare di Napoli un ideale cosmopolita, un luogo sospeso e immaginato a latitudini diverse, tra America, Europa e Arabia. Soul mediterraneo e salsa cubana, spleen borbonico (malinconia meditativa dal lontano sapore baudelairiano) e blues d’importazione. Nella sua musica viveva e vive, in una sintesi brillante quanto inedita, una straordinaria alchimia di suoni, colori, sensazioni legate alla città tanto amata, la sua Napoli, come pure al mondo e ad altre culture.
E oggi, a due anni di distanza dalla morte di Pino Daniele, Teresa De Sio, studiosa della letteratura napoletana di fine Ottocento e inizio Novecento lo ricorda con freschezza, reinterpretando alcuni dei suoi brani musicali.
La De Sio durante la propria parabola artistica si è sempre mossa tra poesia, musica e teatro, cercando di far convergere le tre forme d’arte in un unico punto. Come quando ha partecipato al Festival della poesia di Milano cantando due brani e recitando altrettante poesie, una di Eduardo e una di Di Giacomo, per sottolinearne la similitudine.
La scommessa artistica della De Sio negli anni di crescita professionale è sempre stata quella di riuscire a scrivere canzoni utilizzando lo stesso linguaggio delle liriche napoletane del secolo scorso. Per questo canta in dialetto, codificando quel sistema di segni proprio dell’idioma locale, che rappresenta un patrimonio da valorizzare e riscoprire.
“Cantare Pino Daniele? Un atto di devozione – ha detto l’artista”. E mentre nel secondo anniversario della morte del cantante nelle stazioni della metropolitana e nelle funicolari del capoluogo campano anche i passeggeri più mattinieri vengono accompagnati dalla musica di Pino Daniele, per gli appassionati del genere sarà possibile ascoltarlo anche nella nuova versione proposta da Teresa De Sio nell’album appena uscito.
Napoli in questa domenica mattina si è appena svegliata, il tempo è incerto e non si sa se la pioggia cederà il passo al sole. Già molte le persone per strada tra cittadini e turisti, i bar gremiti confermano che è difficile rinunciare alla pastarella. Dando uno sguardo tutto intorno ti accorgi davvero che “Napule è mille culture, Napule mille paure, Napule è a voce de’ creature che saglie chianu chianu e tu sai ca’ nun si sulo …”.