Il Consiglio di Stato, sezione IV, con la sentenza n. 7594 del 16 settembre 2024, si è pronunciato in assenza di precedenti esatti nei termini, affermando che, così come si legge in una nota diffusa dagli organi di giustizia amministrativa, che è legittimo il provvedimento dell’Ente Parco che, nell’operare il censimento di un rudere esistente nell’area del Parco, ponga come “annotazione” la sua non ricostruibilità per non essere ancora visibili i muri perimetrali con una consistenza pari ad almeno 1/3 della struttura muraria ipotizzata preesistente, come prescritto dal relativo Regolamento per la Riqualificazione del Patrimonio Edilizio del Parco, il quale non può considerarsi implicitamente abrogato ad opera dell’art. 30, comma 1, lett. a) del decreto legge n. 69 del 21 giugno 2013, convertito con modificazioni dalla legge n. 98 del 9 agosto 2013, che, nel modificare l’art. 3, comma 1, lett. d), consente interventi di ristrutturazione edilizia anche sui ruderi, a condizione che il proprietario sia in grado di dimostrarne la consistenza originaria, poiché la prevalenza delle definizioni degli interventi edilizi contenute nell’art. 3, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 380 del 6 giugno 2001 è infatti predicata dall’art. 3, comma 2, del medesimo d.P.R. rispetto alle disposizioni degli “strumenti urbanistici generali e dei regolamenti edilizi”, ma non rispetto alle previsioni speciali in materia di tutela ambientale che rispondono a specifiche esigenze di salvaguardia; del pari, è a dirsi con riferimento all’art. 10 del decreto legge n. 76 del 16 luglio 2020, convertito con modificazioni dalla legge n. 120 dell’11 settembre 2020, che ha esteso la nuova e più comprensiva definizione di ristrutturazione edilizia (estesa agli edifici demoliti o crollati) alle zone sottoposte a vincolo paesaggistico, ma non a quelle sottoposte a vincolo di natura ambientale, come accade per le aree che ricadono nel perimetro del Parco.
Fonte: www.giustizia-amministrativa.it