Le Marche sono una regione spesso sottovalutata. Il territorio stretto tra i monti e il mare è in realtà molto bello e vario, ci sono bellissime spiagge e paesaggi naturali imperdibili. Ma soprattutto città d’arte e borghi da scoprire uno per uno. Sono addirittura 19 i borghi delle Marche inseriti nel circuito Borghi più belli d’Italia. Centro storici che si rinnovano, dove i giovani scelgono di abitare tra nuovi lavori e attività, diventando cuore della ripresa economica. E altri sempre più disabitati, abbandonati da vecchi e nuovi abitanti.
Alcuni di questi borghi sono ormai “dimenticati” e testimoniano un antico stile di vita in cui la Natura scandiva il ritmo delle giornate e un legame imprescindibile tra la Terra ed i suoi frutti. Si tratta di borghi e villaggi rurali che nascono in periodo medievale come baluardo di difesa contro attacchi esterni e che, dal secondo dopoguerra ad oggi, hanno risentito duramente del progressivo esodo verso i nuclei abitati costieri. Il risultato di questo fenomeno sociale sono stati interi nuclei agricoli abbandonati ed ormai in rovina.
Contenere lo spopolamento dei piccoli insediamenti collinari e montani, sostenendo interventi di riuso e riqualificazione dei centri storici e borghi rurali. È l’obiettivo del prossimo bando del Psr (Programma di sviluppo rurale) per il 2018 che assegna risorse ai Comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti e alle borgate con meno di settecento residenti. La Giunta regionale delle Marche ha approvato i criteri che serviranno a emanare il bando.
I centri abitati dovranno avere caratteristiche storico-architettoniche di pregio e i nuclei risultare di antico insediamento. Dovranno ricadere nelle aree Leader (dove i progetti di sviluppo rurale sono realizzati dai Gal – Gruppo di azione locale, con partenariato tra pubblico e privato) e in quelle definite “interne” (Programmi quadro aree rurali).
A disposizione degli investimenti ci sono 11,4 milioni di euro per interventi di riuso e riqualificazione dei centri storici e la realizzazione di piccoli impianti di teleriscaldamento da energia rinnovabile di pubblica utilità. L’infrastruttura da recuperare dovrà essere di “piccola scala”, cioè con un costo di realizzazione inferiore a 300 mila euro.