I giudici del Tribunale amministrativo della Lombardia, nella sentenza n. 2746 dello scorso 6 dicembre, offrono alcuni utili chiarimenti sui requisiti che devono sussistere affinché il requisito del controllo analogo sia soddisfatto in caso di società in house pluripartecipata.
Ai fini del controllo analogo congiunto, spiegano i giudici amministrativi milanesi, non ogni singolo Comune deve poter individualmente condizionare tutti gli atti di portata generale della società in house, ma è sufficiente, come in questa occasione, che gli Enti Comunali possano condizionare congiuntamente ogni atto fondamentale della partecipata, nonché vincolare individualmente, mediante poteri di veto, tutte le decisioni che hanno ricadute dirette sul rispettivo territorio. Ed invero, come ribadito dalla più recente giurisprudenza in tema di controllo congiunto nell’ambito di una fattispecie analoga a quella in questione: “in caso di in house c.d. pluripartecipato … il controllo analogo può essere esercitato congiuntamente da tali autorità, senza che sia indispensabile che detto controllo venga esercitato individualmente da ciascuna di esse e … il requisito in questione è per contro escluso allorché l’ente pubblico partecipante non abbia la benché minima possibilità di partecipare al controllo dell’ente in house.
Affinché il requisito del controllo analogo in caso di società in house pluripartecipata sia soddisfatto, in linea con gli artt. 12 della dir. 2014/24/UE e 5 del codice dei contratti pubblici, occorre che le amministrazioni pubbliche in possesso di partecipazioni di minoranza possano comunque esercitare il controllo analogo in modo congiunto e che:
- a) gli organi decisionali dell’organismo controllato siano composti da rappresentanti di tutti i soci pubblici partecipanti, ovvero, siano formati tra soggetti che possono rappresentare più o tutti i soci pubblici partecipanti;
- b) i soci pubblici siano in grado di esercitare congiuntamente un’influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative dell’organismo controllato, secondo le regole generali elaborate con riguardo all’in house providing tradizionale sin dalla sentenza della Corte di Giustizia Teckal ;
- c) l’organismo controllato non persegua interessi contrari a quelli di tutti i soci pubblici partecipanti.
Emerge in definitiva l’esistenza di rilevanti deroghe ai meccanismi tipici di funzionamento delle società di capitali, tali da assicurare ai soci pubblici, collettivamente considerati, un’influenza determinante e un controllo effettivo sulla gestione dell’ente partecipato, attraverso poteri di condizionamento sull’operato del management in grado di conformare l’azione di quest’ultimo agli interessi pubblici di cui il singolo ente pubblico partecipante è portatore. Tali poteri si esplicano sia in generale rispetto al complesso delle attività statutariamente demandate alla società, sia in relazione allo specifico servizio di igiene urbana prestato per il comune partecipante”. Pertanto, l’affidamento posto in essere nel caso di specie si pone in conformità al modello previsto dall’art. 5 del d.lgs. n. 50/2016, in attuazione dell’art. 12 della Dir. 2014/24/UE.
Come risulta dal disposto dell’art. 5, c. 1, lett. b), del d.lgs. n. 50/2016, emesso in attuazione dell’art. 12 della Dir. 2014/24/UE: “oltre l’80 per cento delle attività della persona giuridica controllata è effettuata nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dall’amministrazione aggiudicatrice controllante o da altre persone giuridiche controllate dall’amministrazione aggiudicatrice o da un ente aggiudicatore di cui trattasi”, mentre per l’art. 16, c. 3, del d.lgs. n. 175/2016: “Gli statuti delle società di cui al presente articolo” (in house) “devono prevedere che oltre l’ottanta per cento del loro fatturato sia effettuato nello svolgimento dei compiti a esse affidati dall’ente pubblico o dagli enti pubblici soci”. Dal disposto letterale delle norme succitate si ricava, dunque, che il rispetto della soglia dell’80% dell’attività della società a favore degli enti pubblici soci comporta la legittimità dell’azione dell’organismo societario secondo il modello dell’in house providing sotto il profilo della vocazione commerciale, come nel caso di specie, nel quale Asm Pavia opera per circa il 90% in favore dei comuni soci, come non risulta contestato in atti.
“A questo specifico riguardo il giudice europeo ha affermato che, al fine di stabilire se il requisito dell’attività prevalente sia soddisfatto, occorre considerare che una società partecipata da enti pubblici, che svolge attività nell’interesse di questi ultimi, può a sua volta essere attiva sul mercato e (…) pertanto entrare in concorrenza con altre imprese (§ 60); e che la deroga all’obbligo dell’evidenza pubblica può giustificarsi solo se le attività svolte dalla medesima società siano sostanzialmente destinate in via esclusiva all’ente (§ 62). In questa linea, il fatturato computabile nell’attività prevalente può essere rappresentato solo da quello che l’impresa in questione realizza in virtù delle decisioni di affidamento adottate dall’ente locale controllante, nell’ambito del quale va comunque compreso quello ottenuto con gli utenti in attuazione di tali decisioni (§ 65). A questo specifico riguardo la Corte di giustizia ha precisato che le attività rientranti nell’in house providing sono tutte quelle che quest’ultima realizza nell’ambito di un affidamento effettuato dall’amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente dal fatto che il destinatario sia la stessa amministrazione aggiudicatrice o l’utente delle prestazioni (§ 66); e che non assume per contro rilevanza accertare chi remunera le prestazioni dell’impresa in questione, potendo trattarsi sia dell’ente controllante sia di terzi utenti di prestazioni fornite in forza di concessioni o di altri rapporti giuridici instaurati dal suddetto ente (§ 67). La Corte di giustizia ha concluso nel senso che nell’ipotesi di in house pluripartecipato la condizione relativa alla parte più importante della propria attività può ricorrere qualora l’impresa in questione svolga la parte più importante della propria attività non necessariamente con questo o quell’ente locale ma con tali enti complessivamente considerati (§ 70)”
La regione Lombardia non ha ancora provveduto all’istituzione degli ambiti sovracomunali, essendo l’organizzazione e l’affidamento del servizio di igiene ambientale in tale Regione affidato alla competenza dei rispettivi Comuni. Ne consegue l’impossibilità di applicare in Lombardia, e quindinel comune di Bereguardo, le disposizioni normative in materia di affidamento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, con il conseguente rigetto pure di tale censura.