Abbiamo ancora negli occhi le splendide immagini di Nightwatching, il film su Rembrandt firmato dal grande maestro Peter Greenaway. Una pellicola molto intensa e ironica che mostra come sia nato il dipinto più conosciuto di Rembrandt, La Ronda di Notte del 1642.
La vita e l’iter artistico di questo pittore sono molto interessanti: Rembrandt, contrariamente a quanto è successo a molti altri suoi colleghi, è stato apprezzato fin da subito per le sue capacità artistiche. Il pittore a 23 anni era già ricco, famoso, conosciuto e affermato in tutte le corti d’Europa. Ma dopo 15 anni di luminosa carriera artistica cadde in disgrazia, perdendo tutto e morendo di stenti. Col suo film, il regista cerca di capire e di mostrare come mai sia potuta avverarsi una simile dinamica.
Rembrandt è morto nella miseria non perché i suoi quadri non fossero più apprezzati dal pubblico, ma perché la società che lo rendeva benestante acquistando i suoi lavori ad un certo punto non gradì più i messaggi racchiusi all’interno dei suoi quadri. Anzi, il mondo che mostrava il pittore doveva essere nascosto. La società del tempo non voleva essere accusata dei crimini morali che il pittore le rimproverava e così decise di abbandonarlo, non considerando più la sua arte e il suo operato. Peter Greeneway denuncia la società, il suo modo di agire meschino che spesso si palesa attraverso il classico atteggiamento di isolare i molestatori e sobillatori scomodi.
Come il messaggio di Greeneway è soprattutto sociale anche il significato simbolico del grande pittore che varca le mura vaticane va oltre l’arte: Papa Francesco ha segnato il solco con il suo viaggio in Svezia e l’artista diventa l’ennesimo segno del dialogo tra protestantesimo e cattolicesimo.
Il cammino ecumenico di Francesco verso i protestanti europei prosegue, dunque, dopo Lund e in Vaticano, entrando dalla porta principale – quella dei Musei Vaticani – arriva Rembrandt, l’artista del dialogo tra protestantesimo e cattolicesimo che donando alla pittura il gusto del teatro realizza un attento studio della realtà umana, come avviene nel “Ritratto di vecchia” dell’Ermitage.
I mille volti del popolo dolente, dei mendicanti, degli infermi, dei poveri e dei ricchi intorno alla luce del Gesù nella celeberrima Stampa dei cento fiorini, le citazioni barocche nella Morte della Vergine. Nei 500 anni dalla Riforma e fortemente voluto nella strada del dialogo tra cattolici e protestanti, arriva per la prima volta ai Musei Vaticani il genio di Rembrandt, con una piccola, splendida mostra che fino al 26/2, con 53 incisioni, due lastre e due dipinti, racconta l’infinita maestria del pittore di Leida per acqueforti, tecnica nella quale raggiunse livelli insuperati.
Piccoli capolavori da ammirare aiutati da una lente d’ingrandimento, scene fitte di particolari, di segni, di emozioni, dove la capacità del maestro di restituire la vita segreta delle cose “tocca livelli preclusi anche alla pittura”, spiega il direttore dei Vaticani Antonio Paolucci, introducendo la rassegna che questa sera verrà inaugurata alla presenza della Regina Silvia di Svezia e della Principessa Beatrice dei Paesi Bassi.
“Le stampe di Rembrandt – ha spiegato Antonio Paolucci, direttore dei musei Vaticani – bisogna guardarle da vicino, guardarle con la lente di ingrandimento. E allora uno capisce tutto: capisce che Rembrandt van Rijn è prodigiosamente grande! Nessuno come lui ha saputo entrare nel cuore delle cose: si tratti del volto di un personaggio; si tratti di un albero, che freme nel vento della pianura; si tratti del corpo di una donna; si tratti di una comunità di fedeli, che pregano nella sinagoga o in una chiesa. Nessun pittore della realtà è stato grande come Rembrandt van Rijn ed è soprattutto grande nelle sue incisioni. Uno deve andare lì, guardarle – ripeto – con la lente di ingrandimento e capisce la prodigiosa tecnica di Rembrandt e la sua capacità di rappresentare tutto il mondo visibile, anche nei sui dettagli apparentemente infinitesimali. Questa è la grandezza di Rembrandt”.