Una delle domande ricorrenti, negli ultimi mesi, dopo che l’inchiesta sui ‘furbetti del cartellino’ ha scoperchiato il bubbone dell’assenteismo e di altri comportamenti disinvolti in Comune – anche se casi realmente gravi e molti peccati veniali o formali sono finiti in un unico, generico calderone sbrigativamente “giustizialista” –, è stata «Ma nessuno vedeva e denunciava?».
Ebbene, adesso i dipendenti comunali hanno uno strumento, che garantisce l’anonimato ma è strettamente regolamentato, per segnalare irregolarità o, peggio, illeciti commessi da colleghi o superiori. E’ il “whistleblowing” (letteralmente: “soffiatore nel fischietto”), servizio già attivo da anni , ad esempio, in Stati Uniti o Gran Bretagna.
Il 22 giugno 2016, presso la sede dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), a distanza di più di 3 anni dall’adozione della norma che tutela il dipendente pubblico che segnala illeciti (Legge Severino), è stato realizzato e presentato il monitoraggio sullo stato dell’arte del whistleblowing in Italia per conoscere il suo stato di applicazione ed apprezzare quanto l’istituto sia effettivamente avvertito come misura di prevenzione della corruzione.
Il monitoraggio è stato effettuato sia sulle segnalazioni giunte all’Anac al 31 maggio 2016, sia quelle ricevute da un campione significativo di 34 pubbliche amministrazioni e 6 società partecipate, al fine di individuare alcune caratteristiche del segnalante italiano, la tipologia di condotte illecite denunciate e gli esiti dalle stesse scaturiti.
Il documento è costituito da 5 relazioni:
Un’introduzione a cura del Presidente dell’ANAC Raffaele Cantone in cui viene definito l’ambito di applicazione del whistleblowing e gli obiettivi di questa iniziativa
La relazione di Nicoletta Parisi (Professore ordinario di Diritto internazionale nel Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Catania e Consigliere ANAC) dal titolo “La lezione che ci viene dal diritto internazionale e le criticità dell’istituto”
La relazione di Laura Valli (funzionaria della Banca Mondiale, distaccata presso l’ANAC come esperta del Consiglio) dal titolo “L’esperienza degli altri Paesi OCSE”
La relazione di Anna Corrado (Magistrato amministrativo presso il Tar Campania, con il rango di esperto del Consiglio dell’ANAC) dal titolo “La disciplina italiana e le prospettive di riforma”
La relazione di Maria Giuseppina Greco (funzionaria dell’Ufficio Vigilanza Servizi e Forniture dell’ANAC) dal titolo “Il ruolo del Responsabile della prevenzione della corruzione nel whistleblowing”
Intanto la nuova legge sul whistleblowuing è ferma in commissione al Senato dopo l’ok della Camera. In settimana è arrivato il duro attacco del presidente dell’Anm Piercamillo Davigo al nuovo testo di legge. Il provvedimento, che secondo i detrattori, favorirebbe gli ‘spioni’, è, comunque, fermo da tempo al Senato. E dopo l’approvazione alla Camera il 21 gennaio 2016, è stato assegnato alla commissione competente ma non è ancora partito l’esame.
Il testo approvato alla camera prevede che il pubblico dipendente che, nell’interesse dell’integrità della Pubblica amministrazione, denunci all’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac) o alla magistratura ordinaria e contabile condotte illecite di cui e’ venuto a conoscenza in base al proprio rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto a misure discriminatorie riconducibili alla propria segnalazione. Eventuali misure di discriminazione contro il whistleblower saranno sanzionate dall’Anac con multe da 5 a 30mila euro. Perchè la segnalazione dell’illecito sia valida, deve poi essere fatta in “buona fede” e senza dolo o colpa grave: il pubblico dipendente che segnali un fatto illecito deve infatti avere una “ragionevole convinzione fondata su elementi di fatto, che la condotta illecita segnalata si sia verificata”. L’identita’ del whistleblower non potrà essere rivelata e a tale scopo si potrà ricorrere anche a strumenti di crittografia. Non saranno però ammesse segnalazioni anonime.
E in ogni caso è prevista una “Clausola anti-calunnie”: se si accerta l’infondatezza della segnalazione o la mancanza di buona fede scatta infatti il procedimento disciplinare e l’eventuale licenziamento in tronco.