L’art. 9 Cost., come novellato dalla legge costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, depone nel senso della maggiore tutela dei valori ambientali e paesaggistici nell’ottica della salvaguardia delle generazioni future e dello sviluppo sostenibile.
L’esegesi delle disposizioni che disciplinano i procedimenti in materia di ambiente e paesaggio deve essere orientata nel senso di conseguire tale obbiettivo di fondo e quindi accrescere e non diminuire il livello di protezione effettiva di tali valori. (1)
Il parere di compatibilità paesaggistica costituisce un atto endoprocedimentale emanato nell’ambito di quella sequenza di atti ed attività preordinata al rilascio del provvedimento di autorizzazione paesaggistica (o del suo diniego). Le valutazioni espresse sono finalizzate, dunque, all’apprezzamento dei profili di tutela paesaggistica che si consolideranno, all’esito del procedimento, nel provvedimento di autorizzazione o di diniego di autorizzazione paesaggistica.
Nell’esercizio della sua funzione consultiva, la Soprintendenza formula le proprie valutazioni di merito, in termini di compatibilità paesaggistica, di cui deve tenere conto l’autorità competente nell’emanare il provvedimento finale.
Decorso il termine per l’adozione del parere da parte della Soprintendenza, l’organo statale può comunque esprimersi in ordine alla compatibilità paesaggistica dell’intervento, fermo restando che, ove tardivamente reso, l’atto consultivo perde il suo carattere di vincolatività e deve essere, perciò solo, autonomamente e motivatamente valutato dall’amministrazione deputata all’adozione dell’atto autorizzatorio finale. (2)
L’opzione zero può e deve essere consentita.
Laddove, nella particolare materia della tutela del paesaggio, si fronteggino opinioni divergenti, tutte parimenti plausibili, il giudice deve dare prevalenza alla posizione espressa dall’organo istituzionalmente investito della competenza ad adottare decisioni collettive, rispetto alla prospettazione individuale dell’interessato.
Non si tratta di garantire all’amministrazione un privilegio di insindacabilità, in quanto tale, contrastante con il principio del giusto processo, ma di dare seguito, sul piano processuale, alla scelta legislativa di non disciplinare il conflitto di interessi ma di apprestare solo i modi e i procedimenti per la sua risoluzione.
Nel caso di valutazioni dei fatti complessi richiedenti particolari competenze di discrezionalità tecnica, il giudice non deduce, ma valuta se la decisione pubblica rientri o meno nell’alveo delle opzioni maggiormente plausibili e convincenti, alla luce delle scienze rilevanti nonchè di tutti gli altri elementi del caso concreto.
Ove l’interessato non ottemperi all’onere di mettere in discussione l’attendibilità tecnico-scientifica della valutazione amministrativa e si fronteggino opinioni divergenti parimenti plausibili, il giudice deve far prevalere la posizione espressa dall’organo istituzionalmente competente ad adottare la decisione.
La necessità del bilanciamento diviene maggiore allorchè vengano in rilievo gli interessi alla tutela dell’ambiente e del paesaggio, per i quali si impone una tutela di carattere sistemico, da perseguire in un rapporto di integrazione reciproca, stante l’assenza di una primazia o prevalenza assoluta di un principio e diritto fondamentale rispetto agli altri. (3)
Non assume specifica rilevanza l’individuazione della natura monostrutturata o polistrutturata della decisione, ai fini dell’applicabilità del meccanismo del silenzio assenso, di cui all’art. 17-bis della legge n. 241 del 1990, all’autorizzazione paesaggistica disciplinata dall’art. 146 del decreto legislativo n. 42 del 2004, da intendersi nel senso che, nel primo caso, le due amministrazioni (quella titolare del procedimento e quella interpellata) debbano condividere la funzione decisoria ed essere titolari di un potere decisorio sostanziale; mentre, nel secondo caso, una delle due amministrazioni riveste un ruolo meramente formale, nel senso che raccoglie e trasmette l’istanza all’altra amministrazione, unica decidente.
(Nella fattispecie in esame, ove oggetto del gravame sono sia il parere negativo della Soprintendenza sia il successivo provvedimento di diniego comunale, la sezione conclude per il rigetto del ricorso, assumendo che l’amministrazione, nel motivare il parere negativo, abbia adeguatamente fatto rilevare come la volumetria dell’insediamento in contestazione risulti eccesiva per una zona compresa in un Parco nazionale che, sia pure suscettibile di trasformazione, è qualificata di elevato pregio ambientale ed è priva di significative presenze antropiche). (4)
(2) Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. VI, 27 aprile 2015, n. 2135; idem, 28 ottobre 2015, n. 4927; Cons. Stato, sez. IV, 2 febbraio 2021, n. 941; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2020, n. 1903; Cons. Stato, sez. VI, 23 luglio 2018, n. 4466; Cons. Stato, sez. VI, 15 maggio 2017, n. 2262; Cons. Stato, sez. VI, 28 dicembre 2015, n. 5844; Cons. Stato, sez. VI, 4 giugno 2015, n. 2751.
(3) Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. VI, 23 settembre 2022, n. 8167.
Fonte: www-giustizia-amministrativa.it