I manifesti di un partito politico esposti al di fuori degli spazi a ciò destinati comportano il diritto del Comune al recupero dei diritti di affissione e delle sanzioni previste nel decr. legisl. n. 507/1993. Il principio è stato oggetto dell’ordinanza. 12318/2018 della SEZ. V della Corte di cassazione, emessa nel ricorso proposto avverso la decisione della CTR Piemonte, confermativa della CTP, relativa ad un accertamento del Comune di Torino per il pagamento dei diritti riguardanti i manifesti politici affissi in spazi riservati alle affissioni commerciali.
Il Partito ricorrente ha dedotto quale unico motivo il rilievo che la pubblicità edeologica debba ritenersi esente da autorizzazioni ed imposte, alla luce delle sentenze della Corte Costituzionale, stante la valenza culturale e sociale della stessa. La Suprema Corte ha dichiarato la infondatezza del motivo sollevato nel ricorso, per il fatto che il Comune di Torino non ha assoggettato i manifesti all’imposta di pubblicità bensì al diritti di affissione per la loro collocazione effettuata non sugli spazi consentiti ma su quelli riservati alle affissioni commerciali: decisione adottata in armonia con le disposizioni contenute nel Regolamento Comunale, deliberato ai sensi dell’art. 18 del decr. legislativo di riferimento n. 507/1993.
Né, quindi, ad avviso della Corte, i giudici tributari di primo e secondo grado, si sono discostati dal dettato della Corte Costituzionale che, con le sentenze nn. 89/1979 e 301/2000, ha ritenuto non dovuta per messaggi ideologici l’imposta comunale di pubblicità disciplinata dagli articoli 1-17 del citato decr. legisl. n. 507/1993, mentre nel caso in questione si verte sull’applicazione della disciplina relativa al Servizio delle Pubbliche Affissioni istituito obbligatoriamente nei Comuni (ai sensi degli articoli 18-21 dello stesso decreto) per la cui prestazione resa dal Comune è prevista la corresponsione dei relativi diritti.
Giova ricordare, infatti, come il legislatore emanando il decreto 507/1993 attuativo della Legge di delega n. 421 del 1992, abbia istituito l’imposta comunale sulle pubblicità, dovuta per la diffusione di messaggi pubblicitari effettuata mediante forme di comunicazione visive od acustiche nell’esercizio di una attività economica allo scopo di promuovere la domanda di beni o servizi, o finalizzate a migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato, individuandone le fattispecie e determinando la misura del tributo a ciascuna applicabile, ed abbia, poi, disciplinato la istituzione del Servizio delle Pubbliche Affissioni da parte dei Comuni per assicurare con i propri mezzi la esposizione dei manifesti richiesta dagli utenti, dietro la corresponsione dei diritti a fronte della prestazione resa dal Comune. Da un lato, quindi, un tributo dovuto al Comune per il fatto della presenza di una delle forme pubblicitarie nell’ambito del territorio , e dall’altro il pagamento di una tariffa per l’affissione dei manifesti. Incombe al Comune, nell’esercizio della potestà regolamentare, disciplinare le modalità per la esecuzione del servizio, mettendo a disposizione la propria struttura e provvedendo alla installazione degli impianti sui quali affiggere i manifesti in relazione ai contenuti degli stessi: commerciali, sindacali, culturali, politici, ecc., con la determinazione degli importi dovuti e delle sanzioni applicabili, come nel caso in questione, qualora l’affissione sia stata abusivamente eseguita su spazi non consentiti.
Articolo realizzato in collaborazione con la redazione della rivista Finanza Territoriale www.finanzaterritoriale.it